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Giornata della Memoria: Le testimonianze nel Legnanese

Alcune testimonianze che ci parlano dei deportati di Legnano e di alcune città vicine...

Quelle che seguono sono tra le poche testimonianze che ci parlano dei deportati di Legnano e di alcune città vicine. Di molti possediamo i dati di base (nascita, giorno dell'arresto, arrivo nel primo lager, passaggi in vari lager, data della morte o giorno della liberazione…); solo di pochi, purtroppo, possediamo qualcosa in più.

Le pagine che seguono non sono le uniche, sono solo tra le più significative.

Don Mauro Bonzi

Nato il 15 gennaio 1904 a Legnano. Arrestato a Legnano. Giunge a Dachau il 9 ottobre 1944. Primo numero di matricola 113150. Liberato a Dachau dagli americani il 29 aprile del 1945

da “Don Mauro Bonzi. Un prete nell’inferno di Dachau” di Saverio Clementi, Edizioni Monti 2011, pp. 109-110

Finalmente sappiamo la nostra destinazione. Da Monaco ripartiamo per Dachau. Dachau?! Nome famigerato e sinistro, come Buchenwald e Mauthausen, tomba di migliaia e migliaia di vittime, diabolica organizzazione dell’orgoglio tedesco per sopprimere i nemici di un’ideologia e di un supernazionalismo che ha martoriato il mondo intero.

Entriamo nel campo inquadrati, con noi ci sono già degli ammalati che camminano a stento, qualche insulto al prete, perché precisamente “non è arrivato alla Città del Vaticano”; appello sul grande piazzale interno, ci spogliano nudi all’appello togliendoci anche il nostro misero bagaglio, messo insieme con ingegnosi accorgimenti per affrontare l’inverno, depilazione e bagno generale, quattro stracci per ciascuno e via nei blocchi (baracche) di quarantena.

Tale è l’accoglienza riservata a tutti i convogli umani provenienti direttamente dalle carceri, da altri concentramenti minori o da campi di lavoro”

Angelo Sant'Ambrogio

Nato il 15 luglio 1913 a Legnano. Membro di primo piano della Commissione interna della Franco Tosi. Arrestato a Legnano. Avviato verso il campo di transito di Fossoli (Carpi) giunge a Mauthausen l’11 marzo 1944. Primo numero di matricola 57934; classificato come prigioniero politico. Mestiere dichiarato fresatore. Deceduto il 19 settembre 1944 nel Castello di Hartheim (Mauthausen)

“Sto varcando il confine dell’Austria,

la guerra sta per finire,

ci rivediamo a Pasqua. Vostro Angelo”

Scritto da Angelo Sant'Ambrogio e lanciato fuori dal vagone ferroviario che lo stava portando a Mauthausen

– Testimonianza di Teodoro Sant'Ambrogio, fratello di Angelo in “Legnano e la Resistenza”, edito dal Comune di Legnano, 2006, pp. 193-194

“… prima delle 14.30 furono prese in ostaggio una sessantina di persone, tra cui tutti i membri della Commissione interna, alcuni dipendenti segnalati dai fascisti come l’ingegner Cima, che era direttore dei calderai, e il prof. Giuliani, che alle 8.30 del mattino aveva ancora insegnato ai ragazzi della Tosi. Caricate sui camion, furono poi portate al carcere di San Vittore e tra queste persone c’era anche mio fratello, Angelo Sant'Ambrogio.

… nel carcere di San Vittore rimasero solo nove persone, quelle segnalate dai fascisti come i promotori delle manifestazioni organizzate alla Tosi e di queste ne sopravvissero solo due, mentre tutte le altre morirono a Mauthausen”

– Dal discorso di Teodoro Sant'Ambrogio alla Franco Tosi, il 10 gennaio 2012, durante la commemorazione annuale dei deportati dell’azienda

“Angelo era un uomo combattivo, non si tirava indietro quando c’era da lottare insieme ai suoi compagni, e quando per lui e altri arrivò il momento di prendersi delle responsabilità, non mancò la coerenza di dimostrare in cosa credeva, pagando anche con la vita per le proprie idee”

Candido Poli

Nato nel 1923 a Legnano. Operaio alla Franco Tosi, membro attivo della Resistenza all’interno dell’azienda, si dà alla latitanza nel dicembre del 1943 per evitare un possibile arresto. Raggiunge le formazioni partigiane del comandante Giovanni Marcora (Albertino). È arrestato a Busto Arsizio il 4 gennaio 1944 mentre stava per prelevare un carico di armi. Grazie a una mediazione del cardinale di Milano Ildefonso Schuster evita la fucilazione perché nel momento dell’arresto era armato. È deportato a Mauthausen. Dopo una iniziale quarantena è deportato a Dachau e poi nel sottocampo di Bernau. È liberato dagli americani il 29 aprile del 1945.

“Sono uno degli italiani che ha passato il periodo più lungo in un campo di sterminio… La vita media di un internato, tenendo conto delle esecuzioni sommarie che gli aguzzini facevano, a volte solo per divertirsi, come si ammazza il tempo giocando a carte, non superava i novanta giorni. Mediamente si crepava prima dei novanta giorni.

Io sono stato dentro tredici mesi… Molte volte mi sono tormentato nel chiedermi chi devo ringraziare e come, per questa mia sopravvivenza.

Dopo quattro mesi che ero lì, cominciarono a chiamarmi “Matusalemme”, perché avevo superato il massimo di resistenza nel campo. Avevo 21 anni e mi chiamavano tutti Matusalemme! Ero il più vecchio internato di Dachau.

Sapete cos’è la fame? Si fa presto a dire fame! Noi la conoscevamo. Faceva parte di noi stessi, la fame!”.

In “Quelli della Tosi. Storia di un’azienda” di Gonzalo Alvarez Garcia, Libri Scheiwiller, pp. 173175

Gianfelice Moro

Nato il 9 ottobre 1922 a Legnano. Partigiano è arrestato a Legnano. Giunge a Mauthausen il 13 marzo 1944. Primo numero di matricola 57603; classificato come prigioniero politico. Mestiere dichiarato studente di chimica. Deceduto il 2 febbraio 1945 a Ebensee.

Dopo l’arresto si ebbero pochissime notizie su di lui. Le ultime furono quelle scritte da lui su due foglietti alla famiglia poco prima della deportazione.

“Carissimi,

ricevo ora la conferma della mia partenza per Innsbruck. Vi mando il mio ultimo saluto e pensiero per iscritto, che nulla è in confronto del ricordo perenne che mi lega a voi e che mi sarà di sostegno durante l’esilio. Ci penseremo entrambi intensamente, però, come vi ho già detto, vi voglio sereni come lo sono io, in una fiduciosa attesa. Parto sorridendo poiché tutti siamo entusiasti di dare qualcosa per la patria i cui destini, che ci stanno a cuore più di ogni altra cosa, sono decisamente segnati e sono quelli per i quali i nostri antenati diedero la vita. Non si tratta che di attendere qualche mese. Raccomando a Mimì di curarsi la salute e a papà di non commettere imprudenze politiche. Salutatemi tanto gli zii e tutti quelli che mi hanno voluto bene. Non vi devono scendere lacrime nel leggere queste righe, non lo desidero e mi farebbe male, ma vi sia motivo di fiero orgoglio.

Un bacio affettuosissimo a tutti!”

3 marzo 1944

Vostro Gianni

Un detenuto scrisse poi al padre di avere visto una sera Gianni di ritorno da uno scavo e di averlo sentito mormorare: “Dino, cosa ho fatto per meritarmi questo castigo?”. Morì nel febbraio del ’45 stroncato nel fisico ma non nella fede politica.

“Giorni di guerra. Legnano 1939 – 1945”, di Giorgio Vecchio, Nicoletta Bigatti e Alberto Centinaio, pp. 202-203

Villa Cortese

Angelo Bertani

Nato l’8 agosto 1928 a Villa Cortese. Arrestato a Introbio. Giunge a Flossenbuerg il 7 settembre 1944. Primo numero di matricola 21656. Liberato

“Fui deportato a Flossenbuerg, uno dei tanti campi di sterminio esistenti in Germania. Era il 5 settembre, quando dal campo di smistamento di Bolzano venni messo su un treno merci, senza capire bene per quale destinazione.

Dopo due giorni di viaggio arrivammo a una piccola stazione ferroviaria, ci fecero scendere tra grida e bastonate e ci misero in colonna. Attraversammo il paese e lungo la strada ricordo un cartello che indicava “Konzentrationslager” scritto a grandi lettere.

Arrivati davanti al cancello d’entrata un’altra scritta grande s’imponeva alla vista di chiunque: ARBEIT MACH FREI.

In quel momento non ne conoscevo il significato, non sapevo che questa scritta sarebbe rimasta impressa nella mia memoria per tutti gli anni seguenti e quanto tristemente famosa sarebbe stata per tutti coloro che come me, in quello e in altri momenti, varcavano un cancello simile.

Claudia Bossi, “Sul filo della memoria. Intervista ad Angelo Bertani, ex deportato villacortesiano”, 2008, pp. 43-46

Rescaldina

Rosa (Rosetta) Rossetti

Nata il 9 o il 19 ottobre 1919 a Rescaldina. Giunge a Flossenbuerg il 9 ottobre 1944 proveniente da Auschwitz. Numero di matricola 55578. È trasferita a Mittweida (Flossenbuerg) il 9 ottobre 1944. Liberata.

Dalla Bassetti ad Auschwitz
“Lo sapete che questo è un inferno vivente?”

Rosetta Rossetti

Rosetta Rossetti è un’operaia della “Bassetti” di Rescaldina. E’ accusata di aver organizzato uno sciopero nel marzo del 1944 nell’azienda nella quale lavora.

Saranno arrestate in cinque dai carabinieri e subito portate nel carcere di San Vittore.

Dopo alcune settimane fu deportata ad Auschwitz fino al momento della liberazione. Tutte e cinque riusciranno a tornare a casa.

Finire ad Auschwitz per aver partecipato a uno sciopero!

Questa è la testimonianza di Rosina, simile a quella di tante altre donne nei lager nazisti.

“… Eravamo state spogliate di tutto. Ci avevano tatuato il numero sul braccio sinistro. Ecco il mio: 81291. Ci avevano disinfettato con la creolina, dopo averci depilato e rapato completamente: sembravamo tutte reduci dall’encefalite, non avevamo più identità! Senz’altro ci avevano messo qualcosa nel cibo perché non avessimo più i “nostar robi”. Come avremmo fatto diversamente, a lavorare, non avendo alcun indumento intimo?

L’ unica cosa che avevamo addosso era la divisa a righe, contrassegnata dal triangolo rosso che indicava la nazionali”.

In “Storia di Rosina, ad Auschwitz per aver scioperato alla Bassetti“, “La Prealpina”, 28 gennaio 2004.

Giancarlo Restelli e Renata Pasquetto

Redazione
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Pubblicato il 25 Gennaio 2016
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