Quando la mafia uccide “per sbaglio”
A portare la sua testimonianza a Rescaldina, Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo Asta, uccisa, insieme agli altri due figli nell'attentato contro il giudice Palermo...
Una vita spesa nella ricerca della verità che si trasforma quotidianamente in impegno civile. A portare la sua testimonianza a Rescaldina, Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo Asta, uccisa, insieme agli altri due figli, Giuseppe e Salvatore, nell'attentato contro il sostituto procuratore Carlo Palermo. Dopo avere visitato La Tela, l'ex pizzeria confiscata alla mafia, che oggi ospita una sala dedicata ai suoi familiari scomparsi, la donna ha parlato agli studenti di seconda media nell'auditorium comunale.
Il 2 aprile del 1985 Barbara Rizzo stava accompagnando i suoi due figli di 6 anni, a scuola in auto. Durante il tragitto, sulla strada che conduce da Pizzolungo a Trapani, la sua utilitaria incrociò la macchina del giudice Palermo. Erano da poco passate le 8.03 quando esplose un'autobomba posizionata sul ciglio della strada. L'auto della donna fece da scudo all'auto del sostituto procuratore che rimase leggermente ferito. Con l'esplosione persero la vita dilaniati Barbara Rizzo e i suoi due figli: «Quella mattina – ha raccontato Margherita – mi trovavo a scuola. Vennero a prendermi in anticipo e solo più tardi ne capii il motivo: quello fu il giorno più brutto della mia vita. Ricordo i funerali e quei fiori lanciati a terra e ancora oggi non mi sento libera di correre su un prato fiorito senza soffrire: è venuto a mancare uno spazio di libertà. Ma ho veramente realizzato che mia mamma e i miei fratelli erano stati cancellati da un'autobomba passando davanti al luogo dell'incidente, osservando quella macchia rossa provocata dal corpo di mio fratello. Tutto questo per una semplice coincidenza».
La prima reazione per Margherita fu quella di provare rabbia nei confronti di Palermo, per poi concentrarsi sulla causa, su chi aveva provocato quella strage: «Sono passato 31 anni e sono ancora alla ricerca della verità – ha spiegato la donna – Dal 2006 sono in contatto con Palermo e mi auguro che questa noatra vicinanza sia per lui di aiuto, perché anche lui è alla ricerca della verità e della giustizia. Sappiamo solo che prima di arrivare in Sicilia, stava indagando, a Trento, su un traffico di droga tra Turchia e Sicilia, dove fu scoperta l'enorme raffineria di droga di Alcamo. L'altro suo filone di indagine riguardava i finanziamenti illeciti ai partiti». Nel 2002 Totò Riina e Vincenzo Virga vennero condannati all’ergastolo come mandanti dell’attentato e la stessa pena venne commutata nel 2004 anche a Baldassare Di Maggio mentre Antonino Madonia venne assolto. Tuttavia restano ancora oggi sconosciuti gli esecutori materiali della strage.
Una vicenda terribile che «fa comprendere come le mafie uccidono tutti, anche una mamma che fa un atto quotidiano come andare ad accompagnare a scuola i propri figli».
Ed è per questo che «serve l'impegno di ognuno di noi». Per Margherita, inoltre, «non si deve parlare solo di mafia ma di sistema criminale che penetra nel segmento della politica, dei professionisti, delle istituzioni, un sistema che dobbiamo imbrigliare con una rete di relazioni».
In apertura l'assessore alla cultura, Elena Gasparri, ha invitato a concentrarsi sulla fiducia e sull' amore domostrando impegno quotidiano per sconfiggere tutto ciò che la mafia provoca, mentre le rappresentanti di Libera hanno ricordato il dovere di avere coscienze critiche e teste attente. Per La Tela era presente il portavoce della cooperativa Arcadia Giovanni Arzuffi e per Libera Lombardia, Gaia Baschirotto.
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