"La toga lo ha accompagnato per tutta la vita": nell'aula Falcone Borsellino del Tribunale di Busto Arsizio, si sono svolti questa mattina, sabato 14 novembre, i funerali dell'avvocato Alessandro Usseglio Laviretta, deceduto giovedì per un malore improvviso nella sua abitazione. L'avvocato, 85 anni, è stato tra i fondatori  nel 1995 della Camera Penale degli Avvocati del Circondario del Tribunale di Busto Arsizio, nonchè primo Presidente.

Una funzione con rito civile, come da lui richiesto quando era in vita e che ha visto la commossa partecipazione di moltissimi amici, colleghi e conoscenti. Quell'aula di quel Tribunale che lo ha visto impegnato per gran parte della sua vita e che oggi lo ha accolto per l'ultimo saluto: «Il luogo migliore per dirgli addio perchè lui sarà sempre il simbolo per tutti coloro che credono nella giustizia e della sua importanza» ha commentato l'amico e avvocato, in vesti borghesi, Cesare Cicorella, a cui proprio Usseglio aveva chiesto il saluto di commiato.

«Sandro aveva chiesto che fossi io a prendere la parola per ricordarlo ad amici e colleghi – queste le parole di Cicorella – credevo scherzasse, ora non è facile esprimere quello che si ha dentro. Lui era un simbolo dell'avvocatura che aveva bene compreso il ruolo di difensore, che è diverso da quello dell'avvocato. Oggi sono qui come amico e non come avvocato a ricordare un uomo che ha avuto sempre il coraggio di professare le sue idee anche quando ciò risultava pericoloso».

Tanti ancora i messaggi ascoltati in aula tra cui quello del figlio, l'avvocato Marco Usseglio Laviretta e dell'avvocato Paolo Zambon, collaboratore dello Studio Legale di Legnano in via Cattaneo. Presente, oltre alla moglie Augusta e ai figli Monica, Massimo e Davide, l'avvocato Pietro Proverbio, storico socio di Usseglio Laviretta e l'avvocato Daniela Oldani, anch'essa dello Studio Legale.

Tra le parole di estremo saluto: «Sempre pronto a dispensare consigli professionali, sapeva leggere criticamente i fatti e traeva giudizi conseguenti, in Tribunale lo si riconosceva arrivare da lontano».