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Violenze verbali in ambito giovanile: anche dai genitori un linguaggio esemplare

3 Novembre 2014

Buonasera, leggendo la lettera del Sig. Patano sono rimasto sconcertato da come un padre di famiglia , e che presumo uomo maturo, possa augurare ad una giovane "…che nessuno nella vita le proponga un lavoro…" e addirittura che la stessa " sia costretta a ravanare nei cestini per poter mangiare qualcosa…".
Se il sig. Patano era rimasto così colpito dalle parole della giovane "fighetta" ( anche questo a parer mio un modo razzista di catalogare le persone) invece di augurare tutte quelle malignità alla ragazza avrebbe fatto meglio a far capire alla ragazza ed ai suoi amici che poter trovare oggi una occupazione per potersi gestire in maniera indipendente è segno di virtù e fa onore a qualsiasi giovane che accetta ogni tipo di occupazione per fare esperienza e iniziare il cammino lavorativo.
Questo è il consiglio che do ad un genitore .
Molto spesso i ragazzi non si rendono conto che le parole che dicono sono più pesanti delle pietre.
Compito di noi genitori è , anche se " fighetti" , far capire loro gli errori che commettono.
Cordialmente
Vittorio Macchi


Caro sig. Vittorio.
Penso che non sia responsabilità mia, ma della società e delle parti educative (soprattutto dei genitori) insegnare il valore dei soldi e del lavoro.
Mi creda: non sono un tipo che sta zitto quando vedo ingiustizie varie, piccole o grandi che siano (dal gettare i rifiuti a terra al parcheggiare auto nel posti adibiti ai diversamente abili, ecc, ecc.)
Penso invece che in certi frangenti non ci sia altro modo che poter augurare di vivere sulla propria pelle certe situazioni per poterle capire (senza arrivare all'eccesso sia chiaro).
Non so quanti anni lei abbia, se sia genitore o no, so solo che secondo me sbagliamo spesso con loro: li riteniamo adulti quando ci fa comodo, giovani ragazzi che possono sbagliare quando non sappiamo dare una giustificazione a quello che fanno.
Io a 22 anni lavoravo già da tre andando avanti e indietro a Milano, dove c'erano pochi mezzi di trasporto, partendo all'alba e tornando ad ore impossibili, faticando per portarmi a casa soldini utili alla famiglia.
E MAI mi sarei permesso di dire cose del genere verso persone che lavoravano (e mai i miei mi avrebbero permesso solo di pronunciarle….o di pensarle), anche perchè avevo di fronte a me un padre operaio che faticava e mi ha insegnato il rispetto per tutti, senza guardare in faccia a nessuno.
So solo, e lo vedo tutti i giorni nel mio lavoro o anche solo sentendo i commenti di molti, che le nuove generazioni (non tutte per fortuna, ma molte di più di quanto pensa….) hanno il ribrezzo per la parola fatica, gavetta. Il "tutto subito" vige perenne, fatto però sulle spalle degli altri, genitori per primo.
Secondo lei persone che dicono ad alta voce, di fronte a tutti (bambini compresi) certe cose, con la sfacciataggine di ripeterle mentre le guardo negli occhi, sono persone a cui si può parlare e ragionare? 
Forse una piccola lezione di vita pratica le farebbe solo bene. Così la penso e lo ripeto.
Non è questione solo di linguaggio, ma di "pratica" nella vita, quello che questa società "virtuale" non ci insegna più.
Cordiali saluti.

Marco Patano

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