23 Agosto 2013

Caro direttore, sono un nipote dell’anziano ricoverato da anni presso la casa di riposo “Luigi Accorsi” che la notte scorsa si aggirava smarrito nel quartiere Canazza (qui la notizia). Desidero, anche a nome della mia famiglia, ringraziare i coniugi Stefano e Lucia per averlo assistito e reso possibile il suo rientro in quella che dovrebbe essere una struttura “protetta”.

Lo zio ora sta bene, compatibilmente con le precarie condizioni psico-fisiche di un novantenne, ed è tornato alla routine quotidiana. Non posso tuttavia ignorare la gravità di quanto accaduto e sposare totalmente i preoccupati interrogativi che Stefano e Lucia hanno scritto a conclusione della loro lettera. Come è possibile che nessuno si sia accorto della mancanza di mio zio in camera alle 2 di notte? Dove erano coloro che devono garantire una continua assistenza ai ricoverati? E ancora. Come è possibile che gli agenti di Polizia abbiano dovuto faticare non poco affinchè qualcuno si decidesse ad aprire loro la porta permettendo così allo zio di raggiungere finalmente la sua camera? Tutti interrogativi ai quali deve essere data una risposta.

Senza alcun desiderio di cavalcare strumentalmente l’episodio, non posso fare a meno di sottolineare quanto è sotto gli occhi di tutti, e cioè il significativo cambiamento di clima che si respira all’interno della “Luigi Accorsi” da quando è stata ceduta ai privati. Una scelta poco lungimirante, voluta per fini essenzialmente di “cassa”, che ha radicalmente snaturato una struttura pensata e costruita con quel di più di attenzione ai nostri anziani che fa la differenza.

Cordiali saluti

Lettera firmata