TRENT’ANNI FA COL “PIUMETTO” IN LIBANO
La missione che ha visto impegnati i bersaglieri della caserma Cadorna attraverso i ricordi del generale Bruno Tosetti, comandante del Contingente “GOVERNOLO”...
Il prossimo mese di agosto ricorrerà il trentennale della Missione “LIBANO 1” che ha visto protagonista il 2° Battaglione Bersaglieri “GOVERNOLO” in veste di “Contingente Italiano in Libano” (ITALCON “GOVERNOLO”).
Dalla fine della 2^ guerra mondiale è la prima volta che l’Italia decide di interviene fuori dai confini nazionali, in armi, in una “Missione di sostegno alla Pace” (PSOs) meglio nota come missione di “Peacekeeping”.
La decisione di intervenire in Libano è maturata con la crescente presa di coscienza da parte del governo italiano in carica alla fine degli anni ’70, circa la necessità che l’Italia si doti di una politica di difesa propria, nel quadro di una politica estera che sia all’altezza di una Nazione che di fatto occupa il 5° posto fra le Potenze mondiali. Politica estera quindi più attenta ed incisiva sulle tematiche riguardanti la sicurezza e la pace internazionale, rispetto a quella fin a quel momento seguita. Ed è da quel momento che la nostra politica estera e di difesa pone maggior attenzione all’importanza che l’area mediterranea ha per l’Italia, non solo per gli interessi nazionali ma soprattutto per la propria sicurezza. Ed è proprio per questa accresciuta sensibilità sull’argomento che negli anni ’80 il Ministro della Difesa Lelio LAGORIO formula (prima volta nella storia repubblicana) chiari indirizzi di politica militare.
Indirizzi, fra quali, viene fra altri evidenziato che “…..gli interessi delle singole Nazioni (che fanno parte dell’Alleanza) e gli interessi dell’Alleanza nel suo insieme risultano oggi esposti anche al di la del territorio coperto dal patto militare-difensivo. Fuori da questa zona di competenza, possono profilarsi emergenze che coinvolgono questo o quel Paese dell’Alleanza; ma in questo caso non operano i meccanismi della intesa militare; possono, tutt’al più, valere le relazioni di amicizia politica che nel trentennio si sono costituite e consolidate fra i Paesi firmatari dell’Alleanza”.
Ed inoltre: “Il nostro Paese, per la sua collocazione geografica e per le sue dimensioni socio-economiche, sta acquistando sempre più tangibile credibilità ed influenza nella sfera politico-militare della scena internazionale e, per tale motivo, può svolgere un ruolo sempre più significativo e responsabile nello sviluppo delle iniziative per il mantenimento della sicurezza e della pace”.
Il Ministero della Difesa è quindi intenzionato a dare il massimo contributo perché il nostro Parse acquisisca e sviluppi un ruolo catalizzante degli interessi regionali per contribuire con gli altri Paesi mediterranei alla realizzazione di un più stabile equilibrio nell’area al fine di una garantita sicurezza comune.
Questi Indirizzi, è il caso di sottolineare, mantengono la loro validità e sono ancor oggi di grande attualità perché hanno:
– individuato nel Mediterraneo un’area di elevato rischio per gli interessi nazionali
dei singoli Stati del bacino e non solo di quelli appartenenti alla NATO;
– evidenziano che eventuali interventi non potranno legittimamente coinvolgere
tutta l’Alleanza in quanto tale;
sottolineano il ruolo internazionale in atto e potenziale dell’Italia attribuendo nuovi contenuti al concetto di “difesa nazionale” e delineando per l’Italia uno scenario politico-militare non più strettamente legato all’Alleanza Atlantica.
Ed è proprio a seguito di tali cambiamenti della nostra politica internazionale e di difesa che il partecipare ad “Operazioni di Sostegno della Pace” non ha più, o soltanto valore in quanto contributo alla stabilità internazionale ma, anche e soprattutto, rappresenta strumento per la salvaguardia degli interessi nazionali.
In questo quadro di riferimento troverà piena giustificazione l’impiego delle Forze Armate repubblicane in una operazione oltremare, quella in LIBANO. E questo onere ma anche grande onore spetta appunto, ai “Figli di La Marmora”.
A determinarne l’intervento è la tragica guerra civile libanese che sta flagellando il Libano e che dal 1975 ha già provocato 60.0000 vittime.
A fronteggiarsi sono da un lato le milizie cristiane composte soprattutto dai maroniti guidati da Amin Gemayel, dall'altro una coalizione di palestinesi, libanesi sunniti, e libanesi sciiti (Amal e Drusi). Nel 1976 la guerra volge a favore dei cristiani maroniti e dei loro alleati e ciò induce la Lega Araba, dopo l'accordo di Riad, ad autorizzare l'intervento dei “ Caschi Verdi” della Forza Araba di Dissuasione (ADF) nominalmente composta da vari Stati arabi ma di fatto egemonizzata dalla Siria. L’ ADF, forte di tre Brigate siriane (85^ Brigade, Hittin Brigade e Quaddisiyyam Brigade) entra in Libano con il compito ufficiale di interporsi fra gli opposti schieramenti per porre fine alla guerra civile. Si schiera invece subito con la fazione musulmana ed impone la “Pax Siriana” che favorisce le continue incursioni di miliziani palestinesi oltre i confini israeliani per colpire i villaggi dell’Alta Galilea. Situazione di estrema delicatezza per la sicurezza di Israele che, per proteggere i propri territori e eliminare una volta per tutte l’OLP di Arafat, il 6 giugno dell’82 dà il via all’ Operazione “PACE IN GALILEA”.
Le Forze israeliane, dopo una travolgente avanzata durata 5 giorni, penetrano in BEIRUT dove si arrestano asserragliando nella parte Ovest della città più di 10.000 armati fra palestinesi dell’ O.L.P.(Organizzazione per la Liberazione della Palestina) di Yasser Arafat, del P.L.A. (Armata Liberazione della Palestina), e circa 3000 soldati siriani dell’ A.D.F., sui quali incombe ora il pericolo di annientamento da parte dell’ Esercito ebraico.
L’assedio dura già da più di un mese e sempre più si teme possibile ed altamente probabile l’attuazione della “soluzione finale” dell’OLP di Arafat da tempo pianificata dall’Esercito israeliano.
La diplomazia internazionale si mobilita per scongiurare tale evento che, in piena “Guerra Fredda”, potrebbe originare l’ intervento diretto delle due Super Potenze con il rischio dell’allargamento del confitto a tutta l’area Mediterranea. La Flotta Sovietica è già presente nel Mediterraneo grazie alla disponibilità del porto siriano di Tartous, da qualche anno concessole dal Presidente Hafiz al- Assad, così come è già nota la presenza di “osservatori” dell’Armata Rossa schierati lungo la frontiera siro-libanese.
Fallito il tentativo di inviare una forza dell’ ONU per il veto posto dal Consiglio di Sicurezza, nel luglio del 1982 il Governo libanese, in accordo con le parti in lotta, chiede al governo italiano, francese ed americano di inviare a Beirut propri Contingenti militari con lo specifico compito di:
interporsi fra gli schieramenti in lotta;
liberare le forze asserragliate a Beirut e portarle in salvo in Siria;
proteggere l’incolumità degli abitanti della città da eventuali “rese dei conti”;
favorire il ripristino della sovranità del legittimo Governo libanese in quella parte del territorio da anni sottratto alla sua autorità.
Compiti, questi, della cui positiva conclusione dubitano seriamente gli osservatori intenzionali, specie considerando che, i Parà della Legione francese ed i Marines USA, invisi alla popolazione musulmana, potrebbero trovarsi ad operare proprio nella parte della Capitale dove la popolazione, quella sciita, è a loro la più ostile.
Responsabile dell’intera operazione di pacificazione è il “Comitato Politico Militare del Libano”. Tale “ Comitato” è presieduto dall’Ambasciatore itinerante USA Philip Habib (diplomatico americano figlio di libanesi) e formato dagli Ambasciatori delle Nazioni che forniscono i Contingenti e dai Comandanti degli stessi. Motivo per il quale il Comandante del “GOVERNOLO” raggiunge Beirut una settimana prima dell’arrivo della sua Unità.
Considerate le citate difficoltà, il “Comitato” decide di assegnare il compito più arduo al Contingente italiano. I Marines USA rimarranno quindi nel porto di Beirut per fornire sicurezza allo scalo marittimo da dove, scortati dalle navi della VI Flotta partiranno i Fedayyn di Arafat; i Parà francesi presidieranno la parte centrale della Capitale, i Bersaglieri provvederanno a portare in salvo in Siria, i militari siriani ed i miliziani del PLA.
Il compito è decisamente il più delicato e dall’esito più incerto dell’intera Missione della “Forza Multi Nazionale”, non solo per la complessità delle operazioni da compiere ma anche per l’imprevedibile atteggiamento che potrebbe assumere l’Esercito libanese nel riprendere il controllo del territorio e soprattutto per il pericolo di possibili “azioni di disturbo” da parte di qualche “cane sciolto” contrario alla normalizzazione della “crisi”. E come se ciò già non bastasse, le forze del “GOVERNOLO” sono giocoforza frazionate per soddisfare contemporaneamente a tre esigenze operative: difesa della sede del Comando e della base logistica; presidio della fascia smilitarizzata e protezione delle colonne dirette in Siria.
Il “Mandato” (permanenza della FMN in Libano concordata con le Autorità locali) è di un mese ma, secondo la pianificazione del Comitato Militare la fase di sgombero possibilmente non deve superare i 17 giorni. E questo è un problema tutto “cremisi”.
Per far fronte a tali esigenze il Contingente “GOVERNOLO oltre agli effettivi del “SECONDO” inquadra anche:
– una Compagnia del 6° “PALESTRO”;
– un Plotone di Carabinieri;
– un Plotone Genio Pionieri rinforzato con macchine da movimentazione terra:
– un Officina media.
Il Contingente è rinforzato da un adeguato supporto delle trasmissioni e della Sanità e dispone di un’ autonomia logistica di 45 giornate.
Complessivamente inquadra 518 uomini, fra Ufficiali, Sottufficiali e Militari di truppa. Conta con più di 100 automezzi fra cingolati e automezzi pesanti di vario tipo e e per il trasporto dall’Italia utilizza quattro navi della Marina Militare, una della Marina mercantile e di 6 velivoli C 130 della 46^ Aerobrigata.
Alle 10.30 del 26 agosto 1982, a due ore e mezza dallo sbarco, la Compagnia Bersaglieri del Ten. Riccardo MARCHIO’ (oggi Generale Di Divisione Vice Comandante del “Allied Rapid Reaction Corps” (ARRC) della NATO, con sede in Gran Bretagna), raggiunge il bivio di Hazmiye, punto origine della strada per Damasco:
– si interpone fra le forze nemiche a contatto lungo la “linea verde”;
– rileva dai palestinesi le postazioni e gli appostamenti che da mesi occupano a
cavallo dell’ asse stradale di “Galerie de Semaan” che collega la parte Ovest
della Capitale al citato bivio di Hazmiye:
– costituisce i Check Point nei punti di obbligato passaggio.
Il Contingente agisce nel rispetto dei principi contenuti nella “Carta delle Nazioni Unite” il cui art. 28 vieta agli Stati membri di ricorrere alla forza militare nelle loro reciproche relazioni. Le “REGOLE DI INGAGGIO” escludono qualsiasi coinvolgimento della Forza Multinazionale nel conflitto interno.
In tale ottica il Contingente o il singolo soldato può ricorrere all’uso della forza solo come estrema risorsa, e comunque solo per autodifesa.
I bersaglieri completano la fascia smilitarizzata profonda 1 Km. e larga circa 400 metri necessaria per consentire, nei giorni successivi, la formazione, il controllo e la partenza delle colonne dirette in Siria. L’operazione si conclude con la costituzione del “Check Point” di St. Michel, il più avanzato verso Ovest dello schieramento italiano. Ciò consente ai soldati libanesi, ai quali i palestinesi si erano rifiutati di consegnare le posizioni, di seguire i bersaglieri verso Ovest e rimettere piede su parte del territorio che da oltre cinque anni era loro precluso. Il Plotone Genio Pionieri ripristina subito la viabilità dell’area bonificando il terreno e rimuovendo gli sbarramenti.
Tutti i militari operano con professionalità, con tanta diplomazia e garbo nei confronti degli avviliti sconfitti ma anche con autorevolezza e fermezza ogni qual volta tali atteggiamenti si rendono necessari. Come accadde in particolare nei confronti dei gruppi “Morabitun”, meno inclini ad abbandonare le postazioni dalle quali per settimane avevano tenuto testa agli attaccanti e degli israeliani che oltre a porre degli ostacoli al regolare flusso delle colonne lungo la strada per Damasco, avrebbero voluto l’elenco nominativo dei nemici evacuati.
Alle ore 16.00 tutto è concluso. Il Contingente è così riuscito, in breve tempo a portare a termine la difficile operazione di “interposizione” sul cui esito i numerosi osservatori internazionali presenti non avrebbero affatto scommesso.
Il giorno dopo è il Cap. Vincenzo LOPS ( oggi Generale di C.A Decano del Corpo dei Bersaglieri e Comandante del 2° Comando delle Forze di Difesa con sede a San Giorgio di Cremano) che con la sua Compagnia si alterna con quella del Ten. Marchiò nel presidiare l’area smilitarizzata e proteggere le colonne dirette in Siria.
Nei quattro giorni successivi, infatti, una Compagnia di Bersaglieri rinforzata da nuclei di Carabinieri, percorre la valle della BEKAA in mano israeliana e scorta fino in Siria 952 mezzi di vari tipo ( carri armati, mezzi ruotati, artiglierie ecc…) e porta in salvo 6909 soldati siriani delle tre Brigate dell’A.D.F. e palestinesi del P.L.A..
Con l’evacuazione delle forze asserragliate nella Beirut Ovest è assolta solo una parte della missione del “GOVERNOLO”. Il Reparto permane infatti a presidio dei “ Check Point ” e delle postazioni di Galerie de Semaan per altri undici giornate durante le quali è impedita la circolazione di persone armate ed agevolato il rientro dei profughi libanesi che avevano abbandonato le loro case durante la guerra.
Durante questo periodo inoltre, la nostra presenza scongiura possibili rappresaglie nei confronti dei famigliari dei palestinesi portati in salvo in Siria e più volte impedisce ai militari libanesi, impegnati a consolidare il controllo del territorio metropolitano nella nostra zona di competenza, di perpetrare soprusi e violenze gratuite nei confronti degli abitanti.
A Beirut ritorna un’apparente normalità e anche se il “mandato” prevedeva una permanenza di 30 giorni eventualmente rinnovabili, Beshir Gemayel, neo eletto Presidente del Libano e capo dei “KATAEB” (Falange Maronita), ormai convinto di poter controllare la situazione anche senza l’aiuto della Forza Multinazionale, determina la fine della missione e quindi la partenza dei Contingenti.
La Missione “LIBANO 1” si avvia alla conclusione il mattino del 9 settembre con l’afflusso al porto di Beirut della “Compagnia Marchiò” per rimpiazzare i Marines USA in partenza e quindi garantire la sicurezza al Contingente che nei due giorni successivi si sarebbe imbarcato per nuclei.
Ultimo Reparto ad abbandonare il presidio di Galerie de Semaan è la “ Compagnia Lops” ed il “Posto di Medicazione”, che dal primo giorno aveva operato a favore della popolazione civile. Giunti in porto si imbarcano sulle navi seguiti dalla Compagnia posta a difesa dell’ area portuale.
La Missione del Contingente italiano si conclude definitivamente alle ore 18.00 dell’ 11 settembre 1982 con la partenza da Beirut delle navi scortate dalla Fregata “LUPO” e direte ai porti di Larnaka (Cipro), e di Genova, non prima però di aver donato viveri e medicinali agli Enti assistenziali locali. Nella giornata del 12 di settembre fa rientro alla Caserma “Cadorna” di Legnano la parte del Contingente che da Cipro ha proseguito il viaggio di ritorno con i C 130 dell’A.M.I. mentre il 21 fanno ritorno “a casa” gli automezzi ed i cingolati giunti a Genova.
La situazione libanese non è però proprio sotto controllo come credeva Beshir Gemaiel che il 14 settembre, tre giorni dopo la conclusione della Missione portata a termine da “ITALCON GOVERNOLO”, rimane vittima di un attentato di cui ancora oggi vi sono più versioni circa il vero motivo ed i mandanti. Le conseguenze sono immediate e spietate! Due giorni dopo l’attentato la “Falange” dei Gemayel penetra nel campo di SABRA e CHATILA e vendica l’uccisione del suo capo massacrando centinaia di vecchi, donne e bambini mussulmani, per lo più famigliari dei palestinesi che i Bersaglieri avevano portato in Siria.
La traballante Autorità libanese chiede il ritorno della FMN ed il capo dell’OLP Yasser Arafat insiste sul ritorno dei Soldati italiani che nella missione appena conclusa si erano guadagnati la stima di tutti per efficienza, umanità ed imparzialità.
E così il 23 settembre, a soli due giorni del rientro in Patria, il 2° btg. b. GOVERNOLO” riparte alla volta del Libano dove sbarca il 27 dello stesso mese.
Questa volta il “GOVERNOLO” partecipa quale aliquota meccanizzata di un Contingente di livello gerarchico superiore che inquadra anche un battaglione di Parà della “Folgore” ed i Marò del battaglione “San Marco” della Marina Militare. E’ il “Raggruppamento Italiano in Libano” (comandato dal Col. Franco Angioni), responsabile di una Missione nuova e di diversa natura denominata “LIBANO 2”.
Lo scenario libanese era mutato rispetto a quello lasciato alla fine della “LIBANO 1” così come altro è il compito assegnato alla nuova Forza Multinazionale che prevede di:
“costituire una forza di interposizione in località concordate per assicurare quella presenza multinazionale che assista il Governo libanese e le sue Forze Armate nella zona di Beirut”.
Anche le zone di responsabilità dei Contingenti della FMN sono cambiate: a Nord quello francese, al centro “ITALCON” ed a Sud, nell’ area aeroportuale, il Contingente USA. In un secondo tempo giunge a Beirut, per un breve periodo, un piccolo Contingente inglese che verrà dislocato nella parte a Sud-Est della capitale.
Il nuovo “ITALCON” si schiera quindi nella stessa zona dove il Contingente “GOVERNOLO” aveva operato nella “LIBANO 1” ampliando però la precedente area di responsabilità verso Est e verso Sud. Nel suo complesso il settore italiano ha un perimetro di circa 30 Km che ingloba i due campi palestinesi di CHATILA e BORJ EL BRAJNE’ abitati da circa 24.000 persone, delle quali il 95% sono sciiti.
E’ innegabile che seppur in presenza di una situazione di gravi tensioni e grande rischio il 2° “ITALCON” da subito beneficia della favorevole atmosfera di fiducia e di stima conquistati durante la 1^ Missione. La dimostrazione di tale favorevole atmosfera verso i nostri Soldati la si è avuta il giorno stesso del nostro arrivo quando il “Nucleo da Ricognizione” entrato in BORJ BRAJNE’ è accolto con lanci di riso e scritte “ONLY ITALY” sui muri.
Ed è proprio a Borj El Brajne che il 2° btg. b. “GOVERNOLO” si schiera a protezione dei suoi 15.000 abitanti sui quali incombeva la minaccia di altri possibili massacri. Il 26 Ottobre, avvicendati dai Parà della “FOLGORE”, i Bersaglieri vengono destinati alla protezione di CHATILA dove rimangono fino al termine della missione del “SECONDO” in Libano.Presidi di “check point”, posti di osservazione, pattugliamenti e rastrellamenti costituiscono la principale attività operativa in atto senza sosta giorno e notte per garantire la sicurezza degli abitanti dei citati “campi”.
Di particolare rilievo operativo è il rastrellamento svolto nel febbraio 1983 in una vasta area boschiva nella parte Sud-Est della capitale libanese, per individuare la zona di partenza di un razzo contro l’abitato di KHALDE’ dove era in atto un “vertice” libano – israeliano. Il rastrellamento si conclude dopo poche ore con l’individuazione, sul tetto/terrazzo di un palazzo fortificato, di due rampe di lancio di circostanza su una delle quali era ancora montato un razzo tipo Katiusha predisposto per il lancio “a tempo” tramite il collegamento con un “timer” di fabbricazione cinese. Numerosi, durante questi sei mesi di intensa attività operativa, sono gli episodi di particolare rischio e di tensione causati dalla presenza di “cani sciolti” provocatori che invano hanno cercato di rompere quel clima di serenità che si era instaurato fra la popolazione locale grazie alla presenza dei nostri soldati. E di questo clima ne è testimone vivente il piccolo GOVERNOLO HIBRAIN MUSTAFA’ ALI’ ZAN ZAN, cosi chiamato dai genitori perché venuto alla luce alle ore 04.00 del 1° ottobre 1982, durante una notte di coprifuoco nel campo di Borj El Brajnè, grazie al tempestivo intervento di una pattuglia di Bersaglieri comandata dal Ten. Sergio CUOFANO ed all’opera del S.Ten. medico Ferruccio VIO (figlio del bersagliere Emilio VIO del 3° Reggimento Bersaglieri, decorato al Valore Militare sul Fronte Russo quarant’anni prima. Buon sangue non mente!).
Anche durante questa missione i Bersaglieri del “SECONDO” hanno dimostrato grande efficienza, senso di disciplina, spirito di sacrificio e la consueta grande umanità già evidenziata in tante altre circostanze in cui il nostro Soldato si è reso protagonista.
Durante la “LIBANO 2” il Battaglione Bersaglieri “GOVERNOLO” ha anche assicurato il sostegno logistico a favore di tutto “ITALCON” fino ai primi di dicembre quando ha iniziato ad operare il neo costituito Battaglione Logistico di Raggruppamento, sorto dal graduale adeguamento e rafforzamento della Compagnia Comando e Servizi del Battaglione.
Ai primi di marzo il “GOVERNOLO” porta a termine con pieno successo anche questa seconda delicata e difficile Missione, vissuta dai bersaglieri con lo stesso slancio e coraggio profusi durante la “LIBANO 1” quando avevano riscosso il plauso generale degli Alleati, della popolazione civile libanese e delle Nazioni che avevano beneficiato direttamente o indirettamente del suo intervento. Il prestigio internazionale dell’Italia e delle sue Forze Armate ne risulta particolarmente rafforzato e, anche per questo, la Bandiera di Guerra del 2° Battaglione Bersaglieri viene insignita con L’ ORDINE MILITARE D’ITALIA”, la più alta decorazione militare italiana con la seguente motivazione:
“ EREDE DELL’ULTRACENTENARIO E PLURIDECORATO 2° REGGIMENTO BERSAGLIERI RINNOVAVA IN TERRA LIBANESE I FASTI DEI FANTI PIUMATI MEMORI DELL’ANTICA GLORIA CONQUISTATA IN TERRA DI CRIMEA.DURANTE QUESTI SETTE MESI DI COSTANTE IMPEGNO, LONTANO DALLA MADRE PATRIA, IN UN CONTESTO DIFFICILE, IN UNA TERRA MARTORIATA E DIVISA, CON SLANCIO ED ABNEGAZIONE, OPERAVA PER ASSICURARE L’EVACUAZIONE DEI GUERRIGLIERI PALESTINESI E REALIZZAVA UNA ZONA CUSCINETTO LUNGO LA LINEA DI DEMARCAZIONE BEIRUT OVEST-BEIRUT EST. RICEVEVA IN SEGUITO IL DIFFICILE COMPITO DI GARANTIRE LA SICUREZZA DEI CAMPI PALESTINESI DI BORG EL BRAJNE’ PRIMA E DI SABRA-CHATILA POI. IN QUESTE CIRCOSTANZE IL PERSONALE TUTTO MOSTRAVA ELEVATISSIMA PROFESSIONALITA’ ALTISSIMA MOTIVAZIONE CONSAPEVOLE CORAGGIO, SEMPRE CONSCIO DELLA FIEREZZA E DELL’ORGOGLIO DI PORTARE SOCCORSO AD UNA POPOLAZIONE MARTORIATA DA ANNI DI GUERRA, RISCUOTENDO IL MASSIMO PLAUSO INTERNAZIONALE”.
BEIRUT (LIBANO), 16 agosto 1982 – 4 marzo 1983
Il 3 Marzo 1983 il “GOVERNOLO” rientra definitivamente in Patria ma l’opera dei Bersaglieri in LIBANO continuerà fino alla fine di dicembre 1983 con l’avvicendarsi di altri nostri Reparti. In particolare: dal 4 marzo al 9 giugno è la volta del 10° Battaglione Bersaglieri “BEZZECCA” al Comando del Ten. Col. Corrado NICO; dal 10 giugno ai primi di ottobre tocca alla Compagnia Bersaglieri del 6° “PALESTRO” comandata dal Capitano Paolo LEOTTA che opera inquadrata nel 67° Battaglione Meccanizzato “MONTELUNGO” del Ten.Col Luigi GAVIRAGHI infine, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 1983, i “Fanti Piumati” a BEIRUT sono validamente rappresentati dal 3° Battaglione Bersaglieri “CERNAIA” al Comando del Ten Col Sergio CARNEVALE.
Il rientro del “CERNAIA” segna l’inizio del graduale disimpegno del Contingente italiano dal LIBANO, che si concluderà il 26 febbraio 1984.
Ecco! Sono trascorsi trenta anni da quando i nostri Bersaglieri si sono resi protagonisti in Libano di una bella pagina di Storia Militare. E con questo scritto l’ho voluta ricordare, seppur nella certezza che i protagonisti non l’hanno certamente scordata. E’ quindi doveroso sottolineare che se oggi le nostre FF.AA. sono corteggiate e la loro partecipazione è ambita nelle varie Operazioni a Sostegno della Pace in qualsiasi parte del mondo si svolgano, lo si deve proprio per ciò che hanno dimostrato di saper fare i nostri Militari in Libano.
Eravate Bersaglieri di Leva, vi siete validamente confrontati con i famosi Parà della Legione Straniera e con gli USA Marines, da loro siete stati ammirati e dai libanesi preferiti. Ricordatevi che la “LIBANO 1” e la “LIBANO 2” sono le uniche due missioni effettuate all’ombra del nostro Tricolore e solo del Tricolore! In tutte le altre missioni infatti, incluso quelle in atto, la Bandiera italiana é sempre affiancata da quelle dell’ UE, della NATO o dell’ONU. Noi no! Eravamo solo noi! Le Missioni sono state volute, gestite e condotte dall’Italia.
Significativo quanto si legge in proposito nella relazione dell’On. Lelio LAGORIO -Ministro della Difesa durante l’Operazione di Peace Keeping in Libano – pubblicata dalla Rivista Marittima n. 13 dell’Ottobre 2003: “…Era la prima volta che l’Italia metteva il naso fuori dalla porta di casa dopo la seconda guerra mondiale, la prima volta che usava la sua forza militare. E la prova fu positiva. Non è stato più così, nel senso che non c’è stata più una esperienza paragonabile al Libano.
In Libano l’Italia era un partner alla pari, una potenza protagonista. Non prestammo i nostri uomini a operazioni decise e comandate da altri. Prendemmo l’iniziativa e tenemmo testa……….. Nelle successive missioni di pace siamo stati, come altri Paesi europei e no, un vagone del convoglio piuttosto che una locomotiva. In Libano fummo una locomotiva. Non lo siamo stati più……”
Gli encomiabili risultati conseguiti nelle riferite missioni altro non sono che la sommatoria di quei valori propri del nostro Soldato: coraggio, spirito di sacrificio, altruismo e grande umanità. Valori questi che ancor oggi fanno la differenza fra i nostri Soldati, ormai professionisti, e i loro partner internazionali dai quali, per dirla alla bersagliera, “imitati sempre ……….. uguagliati mai!
A conclusione di questo mio scritto, ed a ricordo della 1^ Missione in armi delle nostre FF.AA. dopo la conclusione del 2° conflitto mondiale, riporto una frase che un Bersagliere mi confidò al rientro dalla “LIBANO 1”
“ ERA LA PRIMA VOLTA DALLA FINE DELLA 2^GUERRA
CHE LE NOSTRE FF.AA. VENIVANO IMPIEGATE
FUORI DAI CONFINI NAZIONALI.
SAPEVAMO DI AVERE PUNTATI SU DI NOI GLI OCCHI
DEI NOSTRI PARTNER INTERNAZIONALI, DEGLI ITALIANI,
DELLE NOSTRE FAMIGLIE.
L’INSUCCESSO AVREBBE SIGNIFICATO :
– VERGOGNA RER LA PATRIA, PER LE SUE FF.AA., PER IL
CORPO DEI BERSAGLIERI;
– DISONORE PER NOI !
DI CIO’ NE ERAVAMO TUTTI CONSCI E PER QUESTO
NON TEMEVAMO DI MORIRE, MA DI FALLIRE” !
Gen. Div.(ris) Bruno TOSETTI
“AQUILA 1”
Già Comandante del Contingente “GOVERNOLO”
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