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TRENT’ANNI FA COL “PIUMETTO” IN LIBANO

La missione che ha visto impegnati i bersaglieri della caserma Cadorna attraverso i ricordi del generale Bruno Tosetti, comandante del Contingente “GOVERNOLO”...

Il prossimo mese di agosto ricorrerà il trentennale della Missione “LIBANO 1”  che ha visto protagonista il 2° Battaglione Bersaglieri “GOVERNOLO”  in veste di “Contingente  Italiano  in Libano”   (ITALCON “GOVERNOLO”).

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Bersaglieri in Libano 4 di 33

Dalla fine della 2^ guerra mondiale è la prima volta che l’Italia decide di interviene fuori dai confini nazionali, in armi, in una “Missione di sostegno alla Pace” (PSOs) meglio nota come missione di “Peacekeeping”. 
La decisione  di intervenire in Libano è maturata con la  crescente  presa di coscienza da parte del  governo italiano in carica alla fine degli anni ’70,  circa la necessità che l’Italia si doti di una politica di difesa propria, nel quadro di una politica estera che sia all’altezza di una Nazione che di fatto occupa il 5° posto fra le Potenze mondiali. Politica estera quindi più attenta ed incisiva sulle tematiche riguardanti la sicurezza e la pace internazionale,  rispetto a quella fin a quel momento seguita.  Ed è da quel momento che la nostra politica estera e di difesa pone maggior attenzione all’importanza  che l’area mediterranea ha per l’Italia,  non solo per gli interessi nazionali ma soprattutto per la propria sicurezza. Ed è proprio per questa accresciuta sensibilità sull’argomento che negli anni ’80 il Ministro della Difesa Lelio LAGORIO  formula  (prima volta nella storia repubblicana)  chiari indirizzi di politica militare.
Indirizzi,  fra quali, viene fra altri evidenziato che “…..gli interessi delle singole Nazioni (che fanno parte dell’Alleanza) e gli interessi dell’Alleanza nel suo insieme risultano oggi esposti anche al di la del territorio coperto dal patto militare-difensivo. Fuori da questa zona di competenza, possono profilarsi emergenze che coinvolgono questo o quel Paese dell’Alleanza; ma in questo caso non operano i meccanismi della intesa militare; possono, tutt’al più, valere le relazioni di amicizia politica che nel trentennio si sono costituite e consolidate fra i Paesi firmatari dell’Alleanza”.
Ed inoltre:  “Il nostro Paese, per la sua collocazione geografica e per le sue dimensioni socio-economiche, sta acquistando sempre più tangibile credibilità ed influenza nella sfera politico-militare della scena internazionale e, per tale motivo, può svolgere un ruolo sempre più significativo e responsabile nello sviluppo delle iniziative per il mantenimento della sicurezza e della pace”.
Il Ministero della Difesa è quindi intenzionato a dare il massimo contributo perché il nostro Parse acquisisca e sviluppi un ruolo catalizzante degli interessi regionali per contribuire con gli altri Paesi mediterranei alla realizzazione di un più stabile equilibrio nell’area al fine di una garantita sicurezza comune.
Questi Indirizzi, è il caso di sottolineare, mantengono  la loro validità e sono ancor oggi di grande attualità  perché  hanno:
    –      individuato nel Mediterraneo un’area di elevato rischio per gli interessi nazionali    
           dei singoli Stati  del bacino e non solo di quelli appartenenti alla NATO;
    –     evidenziano che eventuali interventi non potranno legittimamente coinvolgere
           tutta l’Alleanza in quanto tale;
sottolineano il ruolo internazionale in atto e potenziale dell’Italia attribuendo nuovi contenuti al concetto di “difesa nazionale” e delineando per l’Italia uno scenario politico-militare  non più strettamente legato all’Alleanza Atlantica.

Ed è proprio a seguito di tali cambiamenti della nostra politica internazionale e di difesa che  il partecipare  ad  “Operazioni di Sostegno della Pace” non ha più, o soltanto valore in quanto contributo alla stabilità internazionale ma, anche e soprattutto, rappresenta  strumento per la salvaguardia degli interessi nazionali.
In questo quadro di riferimento troverà piena  giustificazione l’impiego  delle Forze Armate repubblicane in una operazione oltremare, quella in LIBANO. E questo onere ma  anche grande onore  spetta appunto,  ai “Figli di La Marmora”.

A  determinarne  l’intervento  è  la tragica guerra civile libanese che sta flagellando il Libano e che  dal 1975  ha già provocato 60.0000 vittime.
A fronteggiarsi sono da un lato le milizie cristiane composte soprattutto dai maroniti guidati da Amin  Gemayel, dall'altro una coalizione di palestinesi, libanesi sunniti, e libanesi sciiti (Amal e Drusi). Nel 1976 la guerra  volge a favore dei cristiani maroniti e dei loro alleati  e ciò induce la Lega Araba, dopo l'accordo di Riad, ad autorizzare l'intervento dei “ Caschi Verdi” della Forza Araba di Dissuasione (ADF) nominalmente composta da vari Stati arabi ma di fatto egemonizzata dalla Siria.  L’ ADF,  forte di tre Brigate siriane (85^ Brigade,  Hittin Brigade  e  Quaddisiyyam Brigade) entra in Libano con il compito ufficiale di interporsi fra gli opposti schieramenti per porre fine alla guerra civile. Si schiera invece subito con la fazione musulmana ed impone la “Pax Siriana” che  favorisce  le continue incursioni di miliziani palestinesi  oltre i confini israeliani per colpire  i villaggi dell’Alta Galilea.    Situazione di  estrema  delicatezza   per  la  sicurezza  di  Israele che, per proteggere i propri territori e eliminare  una volta per tutte l’OLP di Arafat,  il 6 giugno dell’82  dà il  via  all’ Operazione  “PACE  IN  GALILEA”.
Le Forze  israeliane, dopo una travolgente avanzata durata 5 giorni,  penetrano  in  BEIRUT  dove  si  arrestano asserragliando  nella  parte  Ovest  della  città  più  di 10.000  armati fra palestinesi  dell’ O.L.P.(Organizzazione per la Liberazione della Palestina) di Yasser Arafat, del  P.L.A.   (Armata Liberazione della Palestina), e circa  3000  soldati  siriani  dell’ A.D.F., sui  quali incombe ora  il  pericolo  di  annientamento  da  parte  dell’ Esercito  ebraico.
L’assedio dura già da più di un mese e sempre più si teme  possibile ed altamente probabile l’attuazione della “soluzione finale” dell’OLP di Arafat da tempo pianificata dall’Esercito  israeliano.
La  diplomazia  internazionale si mobilita per scongiurare  tale evento che, in piena “Guerra Fredda”, potrebbe originare l’ intervento diretto delle due Super Potenze con il rischio dell’allargamento del confitto a tutta l’area Mediterranea. La Flotta Sovietica è già presente nel Mediterraneo grazie alla disponibilità del porto siriano di Tartous,  da qualche anno concessole dal Presidente Hafiz al- Assad,   così come è già nota la presenza di “osservatori” dell’Armata Rossa schierati lungo la frontiera siro-libanese.


Fallito  il  tentativo  di  inviare una  forza  dell’ ONU  per  il  veto  posto  dal   Consiglio  di  Sicurezza, nel luglio del 1982  il Governo libanese, in accordo con le parti in lotta, chiede al governo italiano, francese ed americano di inviare a Beirut propri Contingenti militari  con lo specifico compito di:

interporsi fra gli schieramenti in lotta; 
liberare le forze asserragliate  a Beirut e portarle in salvo in Siria;
proteggere l’incolumità degli abitanti della città da eventuali “rese dei conti”; 
favorire il ripristino della sovranità del legittimo Governo libanese in quella parte del territorio  da anni sottratto alla sua autorità.

Compiti, questi,  della cui positiva conclusione  dubitano seriamente gli osservatori intenzionali,  specie considerando che, i Parà della Legione francese ed i Marines USA, invisi alla popolazione musulmana, potrebbero trovarsi ad operare proprio nella parte della Capitale dove la popolazione, quella sciita, è a loro  la più ostile.

Responsabile dell’intera operazione  di pacificazione  è il “Comitato Politico Militare del Libano”.  Tale “ Comitato” è  presieduto dall’Ambasciatore itinerante USA Philip Habib (diplomatico americano figlio di libanesi) e formato dagli Ambasciatori delle Nazioni che forniscono i Contingenti e dai Comandanti degli stessi. Motivo  per il quale il Comandante del “GOVERNOLO”  raggiunge Beirut una settimana prima dell’arrivo della sua Unità. 
Considerate le citate difficoltà, il “Comitato” decide di assegnare il compito più arduo al Contingente italiano. I Marines USA rimarranno quindi nel porto di Beirut per fornire sicurezza allo scalo marittimo  da dove, scortati dalle navi della VI Flotta partiranno i Fedayyn di Arafat; i Parà francesi presidieranno la parte centrale della Capitale, i Bersaglieri provvederanno a portare in salvo in Siria, i militari siriani ed i miliziani del PLA.
Il compito è decisamente il più delicato e dall’esito più incerto dell’intera Missione della “Forza Multi Nazionale”, non solo per la complessità delle operazioni da compiere ma anche per l’imprevedibile atteggiamento che potrebbe assumere  l’Esercito libanese nel riprendere il controllo del territorio e soprattutto per il pericolo di possibili “azioni di disturbo” da parte di qualche “cane sciolto” contrario alla normalizzazione della “crisi”. E come se ciò già non bastasse,  le forze del “GOVERNOLO”  sono giocoforza frazionate per soddisfare contemporaneamente a tre esigenze operative: difesa della sede del Comando e della base logistica; presidio della fascia smilitarizzata e protezione delle colonne dirette in Siria.

Il “Mandato” (permanenza della FMN in Libano concordata con le Autorità locali) è di un mese ma, secondo la pianificazione  del Comitato Militare la fase di sgombero  possibilmente non deve superare  i 17 giorni. E questo è un problema  tutto “cremisi”.
Per far fronte a tali esigenze il Contingente  “GOVERNOLO oltre agli effettivi del “SECONDO” inquadra anche:
– una Compagnia del  6° “PALESTRO”;
– un Plotone di Carabinieri;
– un Plotone Genio Pionieri rinforzato con macchine da movimentazione terra:
– un Officina media.
Il Contingente  è rinforzato da un adeguato supporto delle trasmissioni e della Sanità e dispone  di un’ autonomia logistica di 45 giornate.
Complessivamente inquadra 518 uomini, fra Ufficiali, Sottufficiali e Militari di truppa.  Conta con più di 100  automezzi  fra  cingolati e automezzi pesanti di vario tipo e  e per il trasporto dall’Italia  utilizza quattro navi della Marina Militare, una della Marina mercantile e di 6 velivoli C 130  della 46^ Aerobrigata
.

Alle  10.30  del  26  agosto  1982,  a   due  ore  e  mezza  dallo  sbarco,  la  Compagnia  Bersaglieri  del Ten. Riccardo  MARCHIO’ (oggi Generale Di Divisione Vice Comandante del “Allied Rapid Reaction Corps” (ARRC) della NATO, con sede in Gran Bretagna),  raggiunge  il  bivio  di  Hazmiye, punto  origine  della  strada  per  Damasco: 

–  si  interpone  fra  le  forze nemiche  a  contatto  lungo  la  “linea  verde”;
–  rileva  dai  palestinesi  le  postazioni  e gli  appostamenti  che da mesi  occupano a   
   cavallo  dell’ asse  stradale  di  “Galerie de  Semaan” che collega la parte Ovest 
   della  Capitale al citato bivio di Hazmiye:  
– costituisce i Check Point nei punti di obbligato passaggio.

Il Contingente agisce nel rispetto dei principi contenuti nella “Carta delle Nazioni Unite”  il cui art. 28 vieta agli Stati membri di ricorrere alla forza militare nelle loro reciproche relazioni. Le “REGOLE DI INGAGGIO”  escludono   qualsiasi coinvolgimento della Forza Multinazionale nel conflitto interno.
In tale ottica il Contingente o il singolo soldato può ricorrere  all’uso della forza solo come estrema risorsa, e  comunque solo per autodifesa.

I  bersaglieri  completano  la fascia smilitarizzata  profonda  1  Km. e larga circa  400 metri necessaria  per  consentire,  nei  giorni  successivi,  la  formazione,  il  controllo  e  la  partenza  delle  colonne  dirette  in  Siria. L’operazione  si  conclude  con    la  costituzione  del  “Check  Point”  di  St. Michel,  il  più  avanzato  verso  Ovest  dello  schieramento  italiano. Ciò consente ai soldati  libanesi, ai  quali i  palestinesi  si  erano  rifiutati di  consegnare  le posizioni, di seguire i bersaglieri  verso  Ovest e rimettere piede su parte del territorio  che  da  oltre  cinque  anni  era loro precluso. Il Plotone Genio Pionieri ripristina subito la viabilità dell’area bonificando il terreno e rimuovendo gli sbarramenti.

Tutti i militari operano  con  professionalità, con tanta diplomazia e garbo nei confronti degli avviliti sconfitti ma anche con autorevolezza e fermezza ogni qual volta tali atteggiamenti si rendono necessari. Come accadde in particolare nei confronti dei  gruppi “Morabitun”, meno inclini ad abbandonare le postazioni dalle quali per settimane avevano tenuto testa agli attaccanti  e degli israeliani che  oltre a porre degli ostacoli al regolare  flusso delle colonne lungo la strada per Damasco,  avrebbero voluto l’elenco nominativo dei nemici evacuati.  
Alle ore 16.00 tutto è concluso.  Il Contingente è così riuscito, in breve tempo a portare a termine la difficile operazione  di “interposizione”  sul cui esito i numerosi osservatori internazionali presenti  non avrebbero affatto scommesso.

Il giorno dopo è il Cap. Vincenzo LOPS ( oggi Generale di C.A  Decano del Corpo dei Bersaglieri  e Comandante del   2° Comando delle Forze di Difesa con sede a San Giorgio di Cremano) che con la sua Compagnia  si alterna con quella del Ten. Marchiò nel  presidiare l’area smilitarizzata e proteggere le colonne dirette in Siria.
Nei quattro giorni successivi, infatti,  una Compagnia di Bersaglieri rinforzata da nuclei  di Carabinieri,  percorre  la  valle  della  BEKAA  in  mano  israeliana e scorta fino in Siria  952  mezzi   di  vari  tipo  ( carri  armati, mezzi  ruotati,  artiglierie  ecc…)  e  porta  in  salvo  6909  soldati  siriani  delle tre Brigate dell’A.D.F. e palestinesi  del  P.L.A..

Con  l’evacuazione  delle forze asserragliate nella  Beirut Ovest è  assolta  solo  una  parte    della  missione  del  “GOVERNOLO”.  Il Reparto permane infatti  a  presidio dei “ Check Point ” e delle  postazioni di  Galerie  de  Semaan  per  altri  undici giornate durante le quali è impedita la circolazione di persone armate ed agevolato il rientro dei profughi libanesi che avevano abbandonato le loro case durante la guerra.
Durante questo periodo inoltre, la nostra presenza scongiura possibili rappresaglie nei confronti dei famigliari dei palestinesi portati in salvo in Siria e  più volte impedisce ai militari libanesi, impegnati a  consolidare il controllo del territorio metropolitano nella nostra zona di competenza, di perpetrare soprusi e violenze gratuite nei confronti degli abitanti.
A Beirut ritorna un’apparente normalità e anche se il “mandato” prevedeva una permanenza di 30 giorni eventualmente rinnovabili, Beshir Gemayel, neo eletto Presidente del Libano  e capo  dei “KATAEB” (Falange Maronita), ormai convinto di poter controllare la situazione anche senza l’aiuto della Forza Multinazionale, determina la fine della missione e quindi la partenza dei Contingenti.

La  Missione  “LIBANO  1”  si  avvia  alla  conclusione  il  mattino  del  9  settembre con  l’afflusso  al  porto  di  Beirut della “Compagnia Marchiò”  per  rimpiazzare i Marines  USA  in  partenza  e  quindi  garantire  la  sicurezza  al  Contingente  che  nei  due  giorni  successivi  si  sarebbe  imbarcato  per  nuclei.
Ultimo Reparto ad abbandonare il presidio di Galerie de Semaan è la “ Compagnia Lops”  ed  il  “Posto di  Medicazione”, che  dal  primo  giorno  aveva  operato  a   favore  della  popolazione  civile. Giunti in porto si imbarcano sulle navi seguiti  dalla  Compagnia  posta  a  difesa dell’ area  portuale.

La  Missione  del  Contingente  italiano  si  conclude  definitivamente  alle  ore  18.00  dell’ 11 settembre  1982  con  la  partenza  da  Beirut  delle  navi  scortate  dalla  Fregata  “LUPO” e direte ai porti di Larnaka (Cipro), e di Genova,  non  prima  però  di  aver  donato  viveri  e  medicinali   agli  Enti  assistenziali  locali. Nella giornata del 12 di settembre fa rientro alla Caserma “Cadorna” di Legnano la parte del Contingente che da Cipro ha proseguito il viaggio di ritorno con i C 130 dell’A.M.I. mentre  il 21 fanno ritorno “a casa” gli automezzi ed i cingolati  giunti a Genova.

La situazione libanese  non è però proprio sotto controllo come credeva Beshir  Gemaiel che il 14 settembre, tre giorni dopo la conclusione della Missione portata a termine da “ITALCON GOVERNOLO”,  rimane vittima di  un attentato di cui ancora oggi vi sono più versioni circa il vero motivo ed i mandanti. Le conseguenze sono immediate e spietate!  Due giorni dopo l’attentato la “Falange” dei Gemayel  penetra nel campo di SABRA e CHATILA e vendica l’uccisione del suo capo  massacrando centinaia di vecchi, donne e bambini mussulmani, per lo più famigliari dei palestinesi che i Bersaglieri avevano portato in Siria.

La traballante Autorità libanese chiede il ritorno della FMN ed il capo dell’OLP Yasser Arafat insiste sul  ritorno dei Soldati italiani che nella missione appena conclusa si erano guadagnati la stima di tutti per efficienza, umanità ed imparzialità.
E così il 23 settembre, a soli due giorni del rientro in Patria, il 2° btg. b. GOVERNOLO”  riparte  alla volta del Libano dove sbarca il 27 dello stesso mese.

Questa volta il “GOVERNOLO”  partecipa  quale aliquota meccanizzata di un Contingente di livello gerarchico superiore  che inquadra anche un battaglione di  Parà  della  “Folgore”  ed  i  Marò  del  battaglione “San  Marco” della Marina Militare.  E’ il “Raggruppamento Italiano in Libano”  (comandato dal Col. Franco Angioni),  responsabile di una Missione nuova  e di diversa natura  denominata  “LIBANO  2”.
Lo scenario libanese  era mutato rispetto a quello lasciato alla fine della “LIBANO 1” così come altro è il compito assegnato alla nuova Forza Multinazionale che prevede di:
“costituire  una  forza  di  interposizione  in  località  concordate per assicurare quella presenza multinazionale che assista il Governo libanese e le sue Forze Armate nella zona di Beirut”.
Anche le zone di responsabilità dei Contingenti della FMN sono cambiate: a  Nord  quello  francese,  al  centro  “ITALCON” ed  a  Sud, nell’ area aeroportuale, il  Contingente  USA.  In un secondo tempo giunge a Beirut, per un breve periodo, un piccolo Contingente inglese che  verrà  dislocato  nella parte a  Sud-Est  della capitale.

Il nuovo “ITALCON” si schiera quindi nella stessa zona dove il Contingente “GOVERNOLO” aveva operato nella “LIBANO 1” ampliando però la precedente area di responsabilità verso Est e verso Sud. Nel suo complesso il  settore  italiano   ha  un  perimetro  di  circa  30  Km  che ingloba i due  campi  palestinesi di CHATILA  e  BORJ  EL  BRAJNE’  abitati da  circa 24.000  persone, delle quali il 95% sono sciiti.

E’ innegabile che seppur in presenza di una situazione di gravi tensioni e grande rischio il 2° “ITALCON” da subito beneficia della favorevole atmosfera di fiducia e di stima conquistati durante la 1^ Missione. La dimostrazione di tale favorevole atmosfera verso i nostri Soldati la si è avuta il giorno stesso del nostro arrivo quando il “Nucleo da Ricognizione”  entrato in BORJ BRAJNE’ è accolto con lanci di riso e scritte “ONLY ITALY” sui muri.

Ed è proprio a Borj El Brajne che il 2° btg. b. “GOVERNOLO” si schiera a protezione dei suoi 15.000  abitanti  sui  quali  incombeva  la  minaccia  di  altri possibili massacri.  Il  26 Ottobre,  avvicendati  dai  Parà  della  “FOLGORE”, i  Bersaglieri   vengono  destinati  alla  protezione  di  CHATILA  dove  rimangono  fino  al  termine    della  missione del  “SECONDO”  in Libano.Presidi  di  “check point”, posti  di  osservazione, pattugliamenti e  rastrellamenti costituiscono la principale attività operativa in  atto senza  sosta  giorno e  notte per  garantire  la  sicurezza  degli  abitanti  dei  citati  “campi”.

Di  particolare  rilievo  operativo  è il  rastrellamento  svolto nel  febbraio  1983 in  una  vasta area  boschiva  nella  parte  Sud-Est  della  capitale  libanese, per  individuare la  zona  di partenza di un razzo contro  l’abitato  di  KHALDE’ dove  era  in atto  un  “vertice” libano – israeliano.  Il  rastrellamento  si    conclude  dopo  poche  ore  con  l’individuazione,  sul  tetto/terrazzo di  un  palazzo  fortificato,  di  due  rampe  di  lancio  di circostanza su  una  delle quali  era ancora  montato  un  razzo  tipo  Katiusha  predisposto  per  il  lancio  “a  tempo”    tramite  il collegamento  con   un  “timer” di  fabbricazione  cinese. Numerosi, durante questi sei mesi di intensa attività operativa, sono gli episodi di particolare rischio e di tensione causati dalla presenza di “cani sciolti” provocatori che invano hanno cercato di rompere quel clima di serenità che si era instaurato fra la popolazione locale grazie alla  presenza dei nostri soldati. E di questo clima ne  è  testimone  vivente  il  piccolo  GOVERNOLO   HIBRAIN  MUSTAFA’  ALI’  ZAN  ZAN,  cosi  chiamato  dai  genitori  perché  venuto  alla  luce alle ore 04.00 del 1° ottobre 1982, durante  una  notte  di  coprifuoco  nel campo  di  Borj  El  Brajnè,  grazie  al  tempestivo   intervento  di  una  pattuglia  di  Bersaglieri  comandata  dal  Ten. Sergio  CUOFANO  ed  all’opera  del  S.Ten. medico  Ferruccio  VIO (figlio  del  bersagliere  Emilio  VIO  del  3°  Reggimento  Bersaglieri, decorato  al  Valore  Militare  sul  Fronte  Russo  quarant’anni  prima.  Buon  sangue  non  mente!).

Anche  durante  questa   missione  i  Bersaglieri  del  “SECONDO” hanno  dimostrato  grande  efficienza,  senso  di  disciplina,  spirito  di  sacrificio  e  la  consueta  grande umanità  già  evidenziata  in  tante  altre  circostanze  in  cui  il  nostro  Soldato  si  è reso  protagonista.

Durante  la  “LIBANO 2”  il  Battaglione Bersaglieri  “GOVERNOLO”  ha  anche assicurato  il  sostegno  logistico a favore  di  tutto “ITALCON”  fino  ai  primi  di  dicembre  quando ha  iniziato  ad  operare  il  neo  costituito  Battaglione  Logistico  di  Raggruppamento, sorto  dal  graduale  adeguamento  e  rafforzamento  della  Compagnia  Comando  e   Servizi  del  Battaglione.  

Ai primi di marzo il  “GOVERNOLO”  porta  a  termine  con  pieno  successo  anche questa seconda delicata e difficile Missione, vissuta dai bersaglieri  con lo stesso slancio e coraggio profusi durante la “LIBANO 1” quando avevano riscosso   il  plauso  generale  degli  Alleati, della  popolazione  civile libanese  e  delle  Nazioni  che  avevano  beneficiato  direttamente  o  indirettamente  del  suo  intervento. Il prestigio internazionale dell’Italia e delle sue Forze Armate ne risulta particolarmente rafforzato e, anche per questo, la  Bandiera di Guerra del 2° Battaglione Bersaglieri viene insignita con L’ ORDINE  MILITARE  D’ITALIA”, la più alta decorazione militare italiana con la seguente motivazione:
“ EREDE DELL’ULTRACENTENARIO E PLURIDECORATO 2° REGGIMENTO BERSAGLIERI RINNOVAVA IN TERRA LIBANESE I FASTI DEI FANTI PIUMATI MEMORI DELL’ANTICA GLORIA CONQUISTATA IN TERRA DI CRIMEA.DURANTE QUESTI SETTE MESI DI COSTANTE IMPEGNO, LONTANO DALLA MADRE PATRIA, IN UN CONTESTO DIFFICILE, IN UNA TERRA MARTORIATA E DIVISA, CON SLANCIO ED ABNEGAZIONE, OPERAVA PER ASSICURARE L’EVACUAZIONE DEI GUERRIGLIERI PALESTINESI E REALIZZAVA UNA ZONA CUSCINETTO LUNGO LA LINEA DI DEMARCAZIONE BEIRUT OVEST-BEIRUT EST.  RICEVEVA IN SEGUITO IL DIFFICILE COMPITO DI GARANTIRE LA SICUREZZA DEI CAMPI PALESTINESI DI BORG EL BRAJNE’ PRIMA E DI SABRA-CHATILA POI.  IN QUESTE CIRCOSTANZE IL PERSONALE TUTTO MOSTRAVA ELEVATISSIMA PROFESSIONALITA’  ALTISSIMA  MOTIVAZIONE CONSAPEVOLE CORAGGIO, SEMPRE CONSCIO DELLA FIEREZZA E DELL’ORGOGLIO DI PORTARE SOCCORSO AD UNA POPOLAZIONE MARTORIATA DA ANNI DI GUERRA, RISCUOTENDO IL MASSIMO PLAUSO INTERNAZIONALE”.
BEIRUT (LIBANO), 16 agosto 1982 – 4 marzo 1983

Il  3  Marzo  1983  il  “GOVERNOLO”  rientra  definitivamente  in  Patria  ma l’opera  dei Bersaglieri  in  LIBANO  continuerà fino alla fine di dicembre 1983  con  l’avvicendarsi di altri  nostri Reparti. In particolare: dal  4 marzo al 9  giugno è la volta   del 10° Battaglione Bersaglieri “BEZZECCA” al Comando del Ten. Col. Corrado NICO; dal  10 giugno ai primi di ottobre tocca alla  Compagnia  Bersaglieri del 6°  “PALESTRO” comandata dal Capitano  Paolo LEOTTA  che opera inquadrata nel 67°  Battaglione Meccanizzato “MONTELUNGO” del Ten.Col Luigi GAVIRAGHI infine,  nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 1983, i “Fanti Piumati” a  BEIRUT   sono validamente rappresentati dal 3° Battaglione Bersaglieri “CERNAIA”  al Comando del Ten Col Sergio CARNEVALE.

Il rientro del “CERNAIA”  segna l’inizio del graduale disimpegno del Contingente italiano dal  LIBANO, che si concluderà  il 26 febbraio 1984.

Ecco!  Sono trascorsi trenta anni  da quando  i nostri Bersaglieri si sono resi protagonisti in Libano di una bella pagina di Storia Militare. E con questo scritto l’ho voluta ricordare, seppur  nella certezza che i protagonisti non l’hanno certamente scordata. E’ quindi  doveroso sottolineare che se  oggi le nostre FF.AA. sono corteggiate  e la loro partecipazione è ambita nelle varie Operazioni a Sostegno della Pace in qualsiasi parte del mondo si svolgano,  lo si deve proprio per ciò che hanno dimostrato di  saper fare i nostri Militari in Libano.

Eravate  Bersaglieri di Leva, vi siete validamente confrontati con i famosi Parà  della Legione Straniera e con gli USA  Marines, da loro siete stati ammirati e dai libanesi  preferiti. Ricordatevi che la “LIBANO 1”  e la “LIBANO 2” sono le uniche due missioni effettuate all’ombra del nostro Tricolore e solo del Tricolore! In tutte le altre missioni infatti, incluso quelle in atto,  la Bandiera italiana é sempre affiancata da quelle dell’ UE, della NATO o dell’ONU. Noi no!  Eravamo solo noi! Le Missioni sono state volute, gestite e condotte dall’Italia.

Significativo  quanto si legge in proposito nella relazione dell’On. Lelio LAGORIO -Ministro della Difesa durante l’Operazione di Peace Keeping in Libano – pubblicata dalla Rivista Marittima n. 13 dell’Ottobre 2003: “…Era la prima volta che l’Italia metteva il naso fuori dalla porta di casa dopo la seconda guerra mondiale, la prima volta che usava la sua forza militare. E la prova fu positiva. Non è stato più così, nel senso che non c’è stata più una esperienza paragonabile al Libano.
In Libano l’Italia era un partner alla pari, una potenza protagonista. Non prestammo i nostri uomini a operazioni decise e comandate da altri. Prendemmo  l’iniziativa e tenemmo testa……….. Nelle successive missioni di pace siamo stati, come altri Paesi europei e no, un vagone del convoglio piuttosto che una locomotiva. In Libano fummo una locomotiva. Non lo siamo stati più……
”  

Gli encomiabili risultati  conseguiti nelle riferite missioni altro non sono che la sommatoria di quei valori propri del nostro Soldato: coraggio, spirito di sacrificio, altruismo e grande umanità.  Valori questi che ancor oggi  fanno la differenza fra i nostri Soldati, ormai professionisti, e i loro partner internazionali dai quali, per dirla alla bersagliera, “imitati sempre ……….. uguagliati mai!
A conclusione di questo mio scritto, ed a ricordo della 1^ Missione in armi delle nostre FF.AA. dopo la conclusione del 2° conflitto mondiale, riporto una frase che un Bersagliere  mi confidò al rientro dalla “LIBANO 1”

              “  ERA LA PRIMA VOLTA DALLA FINE DELLA 2^GUERRA
                  CHE  LE   NOSTRE    FF.AA.     VENIVANO    IMPIEGATE
                  FUORI    DAI    CONFINI   NAZIONALI.
                  SAPEVAMO   DI AVERE  PUNTATI  SU  DI  NOI  GLI OCCHI
                  DEI NOSTRI PARTNER INTERNAZIONALI, DEGLI ITALIANI,
                  DELLE NOSTRE  FAMIGLIE.
                  L’INSUCCESSO AVREBBE  SIGNIFICATO :
                   – VERGOGNA  RER LA PATRIA, PER  LE  SUE  FF.AA.,  PER   IL
                      CORPO  DEI  BERSAGLIERI;
                   – DISONORE   PER  NOI !
                 DI  CIO’ NE ERAVAMO TUTTI   CONSCI  E  PER QUESTO
                 NON   TEMEVAMO   DI   MORIRE,   MA   DI   FALLIRE” ! 
                                                     
                                                        Gen. Div.(ris) Bruno  TOSETTI
                                                                         “AQUILA 1”
                                               Già Comandante  del Contingente  “GOVERNOLO”

Redazione
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Pubblicato il 01 Giugno 2012
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Bersaglieri in Libano 4 di 33

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