Quantcast

Omicidio Ravasio, torna in aula il processo alla “mantide di Parabiago”. Sì alla perizia psichiatrica per Trifone

Non sarà sottoposto a perizia psichiatrica, invece, almeno per il momento, Igor Benedito, il figlio di Adilma Carneiro Pereira al volante dell’auto che ha ucciso Ravasio

Al via il processo per l'omicidio di Fabio Ravasio

Via libera alla perizia psichiatrica per accertare la capacità di stare in giudizio, la capacità di intendere e di volere al momento dei fatti e l’eventuale pericolosità sociale di Marcello Trifone, il marito della “mantide” Adilma Pereira Carneiro tra gli otto imputati a processo per l’omicidio di Fabio Ravasio, 52enne parabiaghese ucciso lo scorso 9 agosto in un agguato orchestrato in modo da far credere che l’uomo fosse stato investito da un pirata della strada poi datosi alla fuga.

Lo ha deciso la Corte d’Assise di Busto Arsizio presieduta da Giuseppe Fazio – a latere Marco Montanari – lunedì 24 febbraio, dopo l’accesso in carcere di un consulente psichiatrico individuato dalla difesa che ha ravvisato «un grave disfunzionamento della personalità» a carico dell’uomo, ritenuto dal professionista – che pure ha ravvisato «modeste ma sufficienti capacità» di stare in giudizio – incapace di intendere e volere al momento dell’omicidio.

Non sarà sottoposto a perizia psichiatrica, invece, almeno per il momento, Igor Benedito, il figlio di Adilma Carneiro Pereira al volante dell’auto che ha ucciso Ravasio. Per lui i dubbi avanzati dalla difesa, “figli” di documentazione socio-sanitaria che ha portato alla richiesta, puntualmente autorizzata, di una consulenza psichiatrica in carcere, non riguardavano tanto la capacità di stare in giudizio, quanto la capacità di intendere e volere al momento dell’omicidio di Ravasio.

Non ci sarà nemmeno, almeno per il momento, l’accesso alla giustizia riparativa per Massimo Ferretti, che aveva avanzato la richiesta durante la prima udienza del processo «per riparare alle conseguenze del reato con un percorso di riconciliazione non solo con i familiari della vittima ma anche con il tessuto sociale – come aveva sottolineato la sua difesa -, così da poter riparare in concreto, anche se in minima parte, a quanto fatto».

La Corte d’Assise di Busto Arsizio, infatti, pur valorizzando il contributo dato dall’imputato alla ricostruzione dei fatti, ha ritenuto insufficienti ad oggi, con il processo ancora in fase introduttiva, gli elementi per l’avvio di un programma di giustizia riparativa, in mancanza della possibilità di valutare «se l’intenzione sia seria e soprattutto significativa di un iniziale percorso di resipiscenza».

Foto di archivio del processo

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
Noi di LegnanoNews abbiamo a cuore l'informazione del nostro territorio e cerchiamo di essere sempre in prima linea per informarvi in modo puntuale.
Pubblicato il 24 Febbraio 2025
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore