Il processo per omicidio alla Mantide di Parabiago e ai suoi complici inizia il 27 gennaio
Fissata la prima udienza per Adilma Pereira Carneiro e i suoi sette complici coinvolti nell'omicidio del commerciante di Parabiago Fabio Ravasio, avvenuto lo scorso 9 agosto
Inizierà il 27 gennaio la Corte d’Assise per l’omicidio di Fabio Ravasio, il 52enne parabiaghese ucciso lo scorso 9 agosto in un agguato orchestrato e messo in atto dalla compagna Adilma Pereira Carneiro insieme ad altre sette persone. La donna è l’unica che continua a professarsi estranea ai fatti mentre tutti gli altri hanno ammesso il proprio ruolo nell’omicidio, organizzato come se fosse un investimento da parte di un pirata della strada mentre la vittima rincasava in bicicletta da Magenta dopo aver chiuso il suo negozio a Magenta.
Secondo l’amante Massimo Ferretti, Mirko Piazza, il compagno della figlia Fabio Lavezzo, il marito di Adilma Marcello Trifone, il meccanico Fabio Oliva e il pusher marocchino Mohamed Dhabi sarebbe proprio Adilma l’ideatrice del piano diabolico poi messo in atto con estrema disinvoltura da tutti, compreso il figlio Igor Benedito che quel giorno ha guidato l’Opel Corsa della madre puntando dritto contro l’ignaro Ravasio poi morto sul colpo.
L’indagine da parte del pubblico ministero di Busto Arsizio Ciro Caramore è stata rapida e attenta allo stesso tempo. Grazie all’acquisizione dei filmati delle telecamere di sorveglianza nel raggio di 10 km dall’impatto, alle testimonianze raccolte e ad una buona dose d’intuito della polizia giudiziaria è stato possibile ricostruire la sequenza completa degli eventi e, grazie alle confessioni emerse dai successivi interrogatori, è emersa anche la premeditazione.
Per questo la Procura ha disposto il giudizio immediato per tutti e 8 i componenti della banda di Adilma, la mantide di Parabiago, sedicente sacerdotessa di magia nera la cui vita è stata scandagliata a fondo facendo emergere il movente che ha portato all’omicidio, ovvero il tentativo di entrare in possesso dell’eredità di Ravasio attraverso il riconoscimento da parte della vittima degli ultimi due figli nati, però, dalla relazione col marito Marcello Trifone.
Quel Trifone a cui Adilma ha tolto ogni bene, un patrimonio da oltre 2 milioni di euro fatto di conti e case che è riuscita a farsi intestare approfittando anche di presunte difficoltà cognitive dell’uomo (che ora l’avvocato Andrea Toscani vorrebbe sottoporre ad una perizia psichiatrica da produrre in tempo per il processo).
Restano sullo sfondo due mariti precedenti, entrambi deceduti, dei quali non si è ancora riusciti a ricostruire le esatte cause della morte: uno in Brasile (morto in un agguato) e uno a Magenta deceduto per aver ingerito della cocaina, in circostanze mai chiarite.
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