Mafie e interesse economico, il Giudice Guerrero in cattedra al Dell’Acqua di Legnano
La presidente della sezione GIP del Tribunale di Genova è intervenuta a completamento del percorso iniziato con la visita alla mostra “Sub tutela Dei – Il giudice Rosario Livatino”
Questa mattina, 18 novembre, sette classi quinte dell’Istituto Dell’Acqua di Legnano hanno incontrato in aula magna la dottoressa Nicoletta Guerrero, presidente della sezione GIP del Tribunale di Genova, a completamento del percorso iniziato con la visita alla mostra “Sub tutela Dei – Il giudice Rosario Livatino”.
L’incontro è stato introdotto dal dirigente scolastico Emanuele Giordano, che ha sottolineato il valore civico ed educativo di un incontro che deve far nascere negli studenti la riflessione sulla presenza delle organizzazioni criminali e sulla loro penetrazione nel tessuto economico del Paese, dato che – sottolinea – la mafia va sempre dove gira il denaro.
La dottoressa ha raccontato ai ragazzi l’inizio della sua carriera e di come, appena ventiseienne, abbia superato il concorso di magistratura e sia stata assegnata come Pretore alla sede di Ravanusa, un piccolo paese siciliano. Ha ricostruito il clima che si respirava alla fine degli anni ’80 in Sicilia, sottolineando come il fenomeno mafioso fosse spesso disconosciuto dagli stessi addetti ai lavori, tanto che l’allora presidente del Tribunale di Agrigento aveva al tempo tranquillizzato suo padre – che l’aveva accompagnata in Sicilia – dicendo che lì la mafia non esisteva.
Ha quindi tratteggiato la figura del giudice Livatino, che in quegli stessi anni lavorava come PM per il Tribunale di Agrigento, descrivendolo come un uomo serio e dedito al lavoro, che divenne presto una figura di riferimento per lei e per gli altri giovani magistrati arrivati quell’anno presso il Tribunale. Dopo il concorso del 1986, erano infatti stati nominati molti giudici nelle sedi del sud Italia, tanto che l’allora Presidente della Repubblica Cossiga aveva utilizzato l’espressione “ragazzini”, poi usata per indicare lo stesso Livatino, a sottolineare la giovane età dei magistrati incaricati di presidiare il territorio, garantendo il rispetto della legalità. Proprio la conoscenza del territorio, della mentalità e degli interessi mafiosi, ha attratto sul giudice Livatino le attenzioni di chi ne ha decretato la morte: dopo la riforma del 1989, il giudice aveva cambiato incarico e, occupandosi di misure di prevenzione, aveva disposto diversi provvedimenti di confisca dei beni.
La dottoressa Guerrero ha più volte sottolineato l’importanza dell’interesse economico come movente dell’omicidio del giudice Livatino, invitando gli studenti a farlo diventare motivo di riflessione anche sul presente: risulta infatti ancora evidente che l’azione della magistratura nella sfera economica sia più sentita di qualunque mandato di arresto e colpisca il cuore delle organizzazioni mafiose in maniera più incisiva della carcerazione, dal momento che la prima forza delle organizzazioni si appoggia ancora sulla ricchezza e sulla disponibilità economica.
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