“Come ci siamo permessi di dire che voi giovani siete una generazione di fannulloni?”
"Cari adulti, diventiamo grandi", è la riflessione dell'insegnante Simona Michelon su quella che definisce una emergenza comunicativa. Un invito a riconsiderare il ruolo educativo di genitori e insegnanti
E’ l’ultimo articolo della rubrica Curare le Relazioni che si trasformerà in un vlog (racconto realizzato con video/interviste).
I miei figli dicono che con un vlog “funziona meglio e arriva tutto più diretto, tocca il cuore e trasforma i pensieri di chi legge, senza pregiudizi”
Non posso far altro che affidarmi alla gioventù di casa mia, che poi è anche quella che per prima legge quello che scrivo e che senza filtri critica ogni parola, virgola e pensiero e retro pensiero.
In questo arrivederci a gennaio condividerò con voi quello che (forse) non avrei mai pensato/voluto scrivere.
Ma sento troppo forte questa, che chiamo emergenza comunicativa verso un mondo adulto autoreferenziale, dipendente dalle etichette e troppo poco empatico verso l’ambiente.
Se odierete quello che scriverò qui sotto sappiate che vi capirò e mi dispiacerò moltissimo.
Carissimi adulti, colleghi di vita in questa splendida umanità, siamo persi tra sogni adolescenziali, vagabondiamo tra un finto desidero e l’altro, alla ricerca di un senso come una vela in mare aperto, eppure ci è stato dato tanto di buono. Oltre alla salute e al benessere diffuso abbiamo i nostri figli, i nostri studenti, i nostri piccoli e le nostre relazioni.
Ci è stata data la presenza dei nostri bambini, dei giovani, senza meritarci nulla, solo per amore.
Come ci siamo permessi di diventare così miopi, così piccoli da non riuscire a vedere la luce del vostro “capolavoro, che cresce e illumina le nostre case, le scuole e strade.”
Come ci siamo permessi di pensare e parlare di voi solo come una somma di voti, di successi da esibire, come se poi fossero i nostri.
Il resto, le vostre sfide, quelle che mettono in gioco il nostro dovere di adulto ad accompagnarvi alla vostra felicità, dove sono finite? Quelle sfide che potrebbero raccontare di quanto siamo abili noi adulti.
Quelle che percepiamo come debacle, meglio non dirle, ci mettono a nudo, ci fanno sentire fragili e vincibili.Ne risente l’apparenza e quindi la reputazione.
Come ci siamo permessi di dire che, voi giovani, siete una generazione di fannulloni e incapaci.
Ci sono sempre stati i fannulloni, che poi sono figli di genitori troppo esaudenti. Non è che nascono fannulloni, magari pigri ma non fannulloni.
La verità che dobbiamo raccontarci è che i vostri linguaggi sono diversi dai nostri e noi, spesso, non sappiamo leggerli e quindi ci sembrano inappropriati, non efficaci per cercare uno stipendio che vi permetta una bella macchina, di cui noi andremmo fieri.
Come ci siamo permessi di caricare sulle vostre spalle le nostre frustrazioni e credere addirittura che sia giusto che voi le portiate con gioia. Come ci siamo permessi di pensare che siete “l’America” che non siamo stati capaci di trovare da soli.
“Devi fare il classico e poi laurearti. Se poi fai il medico sarebbe il top, io e tuo padre saremmo fieri di te.”
Se poi ti ammali di scuola perché non è la tua strada, ci penseremo.
E quindi riempiamo i consultori e le questure di infelici cronici o ribelli e alla domanda, ma tu cosa vuoi fare? “Non lo so, non ci ho mai pensato.”
Ma tu caro genitore, dove eri? E dove sei?
Come ci siamo permessi di credere che mancarvi di rispetto ci renda validi insegnanti.
“Tu questa cosa non la potrai mai fare!”
“Ormai non correggo più il tuo compito, tanto è sempre un disastro.”
“Che barba, oggi sono con voi due ore”
“Oggi un bel 2!” Come se già un 4 non fosse già abbastanza svilente.
Come ci siamo permessi di credere di essere detentori del sapere e del giusto e che voi dobbiate digerire tutto quello che vi viene detto.
“Se non sai questa cosa non potrai andare avanti. E’ fondamentale per conoscere la storia..”
Dai, prova a ripete bene, come abbiamo detto! Non usare altri termini, ascoltate ( e ripetete) bene!
Come ci siamo permessi di credere che togliervi il cellulare a scuola o punirvi fortemente per le vostre intemperanze sia il modo (unico o migliore) per recuperare una socialità adeguata?
Caro/a prof., Dimmi qualcosa che mi faccia battere il cuore o venire il brivido e il cellulare me lo dimenticherò in un attimo.
Se sono un ragazzo senza regole, guardami e spiegami cosa non riesco a vedere e fare.
Se sono abituato a casa a vedere mio padre che picchia mia mamma, secondo te come gestirò i conflitti? Se mi lasci a casa magari menerà pure me e io tornerò a scuola ancora più arrabbiato. E questo quello che volgiamo?
Odiatemi, me ne farò una ragione.
Vivo da 20 anni nella scuola, nelle classi, incontro e osservo i vostri figli e figlie, ascolto le vostre storie di genitori e docenti e non ho una famiglia del Mulino Bianco. A casa mia è sempre un gran casino e le cadute sono all’ordine del giorno ma siamo lì, con le nostre piccole forze, a dire ci siamo. Sì discute tanto, si sbaglia tanto, si ama di più.
Se potete riflettete un pochino, sono tutte esperienze che mi hanno forgiata e mi sono servite che interrogarmi sul mio essere umana. Qualche suggestione vi toccherà, altre meno.
Apriamo gli occhi, i ragazzi hanno bisogno di noi e noi dobbiamo diventare per forza grandi, ce lo stanno chiedendo in tutti i modi.
Con affetto.
Questo amore infinito che infinito non è
Io che mi sentivo perso, una vela in mare aperto
E all’improvviso tu, tu
Cadi dal cielo come un capolavoro
Prima di te non c’era niente di buono
E come se, tu fossi l’unica luce a dare un senso
E questa vita con te è un capolavoro
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