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“Storia di un banco di scuola”: in un podcast della Barbara Melzi gli anni delle superiori della “generazione Covid”

Un banco di scuola ha tante storie da raccontare, specialmente il banco di uno studente fresco di diploma, che ha vissuto in prima linea gli anni della pandemia

legnano generica

«Sono solo un banco di scuola di una classe delle superiori della Barbara Melzi». Eppure un banco di scuola ha tante storie da raccontare. Soprattutto se quel banco di scuola è stato occupato da uno studente fresco di diploma, uno di quegli studenti che qualche mese dopo essere approdati alle scuole superiori si sono ritrovati a fare i conti con l’annus horribilis delle mascherine, del lockdown, dell’inno di Mameli cantato dai balconi per convincerci a vicenda che sarebbe andato tutto bene. E, nel caso degli studenti della Barbara Melzi, anche con il dolore dell’addio ad un professore che a soli 29 anni ha dovuto arrendersi ad un male incurabile.

Nasce così la quinta puntata del podcast “Riflessioni” dell’Istituto Barbara Melzi, che prende le mosse da una lettera con cui nel 2021 il prof. Flavio Merlo, dirigente scolastico della scuola, aveva scelto proprio la voce di un banco di scuola per raccontare la scuola al tempo della pandemia, esperienza inedita e solo fino a poco tempo prima impensabile. Quel banco, ai tempi, diceva di essere il banco di Filippo, e tre anni dopo, all’indomani della maturità, Filippo Ghiringhelli, neo-diplomato all’istituto professionale sociosanitario delle Barbara Melzi, ha deciso di tornare a farlo parlare, raccontando il seguito di cinque anni che non si possono e non si devono dimenticare. Perché se gli anni del liceo tutti – chi più, chi meno – li portiamo sempre con noi, i ragazzi che si sono diplomati quest’anno alle Barbara Melzi «hanno vissuto in prima persona il disagio della pandemia» e «hanno prematuramente perso un professore che era anche un grande amico», anche se in fondo «quando si ama non si perde mai veramente qualcuno o qualcosa».

E bastano otto minuti al podcast per ricordarcelo, mentre ci racconta cinque anni di quelli che finiranno nei libri di scuola. Quelli in cui il banco ha vissuto le «uvette del panettone spiaccicate, il profumo dolce dei canditi e le confezioni dei regali appena scartati accartocciate» con le vacanze di Natale alle porte, per poi trovarsi solo una manciata di settimane dopo a fare i conti con «qualcosa di strano»: il suo Filippo che non ritorna, e non solo per uno o due giorni ma per mesi. Poi a giugno qualcuno che «vola in cielo» e le lacrime, dopo l’estate i nastri colorati per garantire le distanze, il disinfettante che finisce per ubriacarlo e di mese in mese il lento, graduale ritorno a quella normalità che credevamo scontata e abbiamo scoperto invece tanto fragile. Fino alla maturità, quando Filippo, che cinque anni prima aveva iniziato la sua avventura dicendosi «Io mi siedo qui», si siede al banco per l’ultima volta, davanti alla commissione che lo giudicherà in quell’esame che poi non si scorda più.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 25 Luglio 2024
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