Rescaldina celebra il Giorno del Ricordo: “Pagina tragica della storia ignorata per troppi anni”
Durante la commemorazione per il Giorno del Ricordo è stata anche letta la poesia "Lamento istriano" di Silvana Ghersetti, esule istriana
Rescaldina celebra il Giorno del Ricordo, ricorrenza istituita dalla Repubblica Italiana nel 2004 per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
Per il Giorno del Ricordo è stata scelta la giornata del 10 febbraio, ovvero la data dell’anniversario dei trattati di pace di Parigi imposti all’Italia al termine della seconda guerra mondiale con i quali l’Istria, il Quarnaro, Zara e parte del territorio del Friuli Venezia Giulia furono assegnati alla neonata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Si stima che i giuliani, in particolare istriani e fiumani, e i dalmati italiani che lasciarono le terre dalle loro terre di origine furono tra i 250mila e i 350mila.
«Il Giorno del Ricordo contribuisce a farci rivivere e ricordare una pagina tragica della storia, per molti, troppi anni ignorata, rimossa o addirittura negata – ha sottolineato il sindaco Gilles Ielo durante la commemorazione al monumento alle foibe -. Dobbiamo invece testimoniare le terribili sofferenze che gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire. Dobbiamo ricordare come gli abitanti di quelle terre, alla fine della seconda guerra mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo jugoslavo. Dobbiamo ricordare come quest’ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da ritorsione per l’oppressione fascista subita, ma che si sviluppò in una vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato, innanzitutto la popolazione, inerme e incolpevole».
«Il triste capitolo delle foibe e dell’esodo, uscito dall’oscurità grazie soprattutto al coraggio degli esuli e dei loro discendenti, è entrato a far parte della storia nazionale e come giusto, riceve oggi la dignità del ricordo e della memoria – ha aggiunto il primo cittadino -. La persecuzione, gli eccidi efferati di massa culminati ma non esauriti nella cupa tragedia delle Foibe, l’esodo forzato degli italiani dell’Istria della Venezia Giulia e della Dalmazia, fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese. Ma oggi il vero avversario da battere, più insidioso e subdolo, è quello dell’ignoranza, dell’indifferenza, del disinteresse, della facile strumentalizzazione, spesso alimentata proprio della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi, volta a porre valore ideologico a queste vittime e a questi tristi avvenimenti in favore di una rivendicazione insensata, inopportuna, ma soprattutto inutile al ricordo, con il rischio di lasciare a margine la tragedia umana».
«Questi eventi dovrebbero insegnarci proprio come le guerre, la violenza, la discriminazione e la sopraffazione, a qualunque titolo esercitati, generano solo odio e l’odio permane, moltiplicato dal rancore e dalla vendetta, per molto tempo, anche dopo la fine dei conflitti – ha concluso Ielo -. La cronaca dai vari scenari di guerra presenti oggi nel mondo, ne è purtroppo la più concreta e triste conferma. Ai profughi, ai loro discendenti e alle vittime di quella persecuzione rivolgiamo oggi un pensiero commosso e partecipe. La loro angoscia e le loro sofferenze non saranno mai dimenticate. Esse restano un monito perenne contro le ideologie e i regimi totalitari che, in nome della superiorità dello Stato, del partito o di un presunto ideale, opprimono i cittadini e i popoli, schiacciano le minoranze e negano i diritti fondamentali della persona e dell’individuo».
Durante la commemorazione è stata poi letta la poesia “Lamento istriano” di Silvana Ghersetti, esule istriana.
Esule andrai per le strade del mondo, Popolo Istriano,
portando teco il tuo bagaglio di nulla.
Non vedrai più i natii colli verdi di speranza,
in un mattino che non verrà, non sentirai più
la dolce cantilena del noto mare,
mare di pianto dagli occhi smeraldini.
E canti la tua povera Patria abbandonata
ad aspro destino; ormai giace in agonia
l’amato lembo di terra divenuto straniero.
Cosa sarà di te Istria se si chiude la corolla
del fiore più bello? Addio Penisola incantata,
dal cuore generoso, Madre, linfa e alimento
della mia tenera età. Ti lascio diletta,
e amaro sarà il cammino di chi con pene
e affanni tanto lottò per l’italico suolo.
Filzi ti donò il fiore di vita ancora rigoglioso;
ora anche l’opera nostra si sgretola e sfalda
come zolle avide d’acqua piovana.
Fiorente per un abbondante raccolto
lascerò i miei frutti a ben altro lido.
Estraneo sarà per te l’idioma di gente sconosciuta,
usanze nuove ti sconvolgeranno:
mia Patria sofferente. E per me gli anni
trascorsi in dolci incanti finiscono a un tratto.
Sono come bambina ai primi passi, passi incerti
di chi non ha domani. Silenzioso sarà il mio
andar verso ignara sorte, né lamento ci sarà
nel mirar la sperduta sponda. Ormai le illusioni
riposano al di là della frontiera e la notte
senza sogni nasconderà il volto triste.
Cercherò l’aurora per un nuovo giorno
e forse nel mondo sorriderà ancora primavera.
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