60 realtà insieme per arginare la diffusione del gioco d’azzardo a Rho
L’assessore Violante: “I dati spaventano ma l’intera città è impegnata a favorire altre modalità di gioco e incontro”. Numeri impressionanti: le stime secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità parlano per Rho di 19.600 giocatori in città. Persi nel 2019 ben 50 milioni con il gioco fisico, mentre la spesa sociale è pari alla metà di quella cifra
Quasi sessanta realtà del tessuto cittadino rhodense, a partire dal Comune di Rho guidato dal sindaco Andrea Orlandi, da Asst Rhodense e da Ats Milano, hanno sottoscritto sabato 20 maggio un Patto di comunità contro il gioco d’azzardo dal titolo “Non giochiamoci il futuro”. Una carta di intenti che impegna tutti i firmatari a informare della situazione sempre più preoccupante, a contenere la comunicazione sulle vincite, a favorire la prevenzione e diffondere il numero del SerD 02-994304944, a proporre altre modalità di gioco e incontro, a formare docenti e genitori, a sostenere chi è caduto in trappola e gli esercenti pronti a dismettere le slot machine. “Obiettivo comune – recita il testo – è contrastare ogni forma di gioco d’azzardo che produce dipendenza. Non vogliamo che altri si giochino il loro futuro, vogliamo costruire una comunità capace di reagire e vogliamo proteggere i più giovani garantendo loro una crescita sana e serena”.
Il convegno ha visto protagonisti Angela Fioroni, da anni impegnata nella campagna Mettiamoci in gioco; Daniela Capitanucci, psicoterapeuta, fondatrice e anima di Azzardo e Nuove dipendenze; Alessandra Mureddu, autrice del libro autobiografico “Azzardo”; il primario del Serd, dottor Renato Durello e Riccardo Raimondi, per BPer Banca, che ha sostenuto l’evento e ha realizzato con Avviso Pubblico un vademecum diffuso in questi giorni in tutta la città.
Le due Giornate di sensibilizzazione contro il gioco d’azzardo del 20 e 21 maggio non rappresentano una meta ma solo un punto di partenza. Lo slogan, in sintesi, è “Rho c’è contro l’azzardo perché le tante modalità messe in campo x attirare giocatori generano disperazione e rovina e questo non è accettabile”.
All’appello lanciato mesi fa dall’assessore alla Legalità Nicola Violante hanno risposto in molti e l’amministrazione comunale ha voluto ringraziare tutti per l’impegno e l’entusiasmo riscontrato nel costruire il programma della due giorni che prevede la sera di sabato 20 alle ore 21 al Teatro Civico de Silva lo spettacolo gratuito “Mister Jackpot” e domenica 21 una serie di giochi in dodici punti del territorio tra cui un quadrangolare tra le forze dell’ordine. ASeR Spa ha fornito gadget da distribuire ai bambini che parteciperanno.
«Quando abbiamo conosciuto i numeri che riguardano il nostro territorio – ha detto Nicola Violante – abbiamo deciso che dovessero essere noti a tutti per diffondere la consapevolezza di quanto si gioca qui e di quanto siano coinvolti anche i bambini. Dietro i numeri ci sono famiglie e spesso dei drammi. Era importante informare e costruire una rete con tutti i soggetti della società civile. Non abbiamo l’ambizione di risolvere il problema ma il Patto di comunità dice che la città è attenta e si impegna a tenere acceso un faro. Da qui parte un lavoro per arrivare a un protocollo di intesa che indichi le attività specifiche che ciascuno possa mettere in campo. Ringrazio l’associazione di Comuni Avviso Pubblico che ci ha supportato, come anche BPer Banca, che ha condiviso con noi questo percorso».
Angela Fioroni ha spiegato come, dopo il 2019, non siano stati più diffusi i dati dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli: «In quell’anno si parlava di 110 miliardi di gioco fisico come slot e gratta e vinci. Nel 2022 siamo arrivati a 140 miliardi, l’azzardo è la terza impresa sul territorio italiano, mentre per la salute in fase post Covid si sono spesi 128 miliardi e per l’istruzione solo 71. In Lombardia i soldi persi sono pari a 3.280.000 euro. E aumenta il gioco online, come aumentano i conti gioco necessari per fruirne: 15,9 milioni nel 2021. Nei nove Comuni del rhodense si sono persi nel 2019 ben 50 milioni con il gioco fisico, mentre la spesa sociale è pari alla metà di quella cifra. Numeri incredibili. A Rho sono stati giocati nel 2019 oltre 110 milioni, 19,5 quelli persi con slot, VTL sofisticate o gratta e vinci. Le stime secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità parlano per Rho di 19.600 giocatori in città, in pratica uno per famiglia. Potrebbero essere dipendenti senza accorgersene 590 persone, a rischio altre 550. Poi ci sono i minorenni, 1300 gli ipotetici giocatori e 40 quelli dipendenti dal gioco. Per loro ci sono due pericoli: l’online è luogo di adescamento per attività delittuose e il restare fissi sulle macchinette non aiuta la crescita relazionale. L’azzardo toglie benessere anche all’economia: i soldi persi non finiscono nei negozi e nelle imprese. Il gioco provoca dipendenze e facilita il ricorso a usurai e legami con la criminalità organizzata. Un Patto di comunità permette di gettare semi per aiutare chi è finito in trappola».
Renato Durello ha ricordato come il gioco d’azzardo non sia necessariamente patologico, ma lo possa diventare: «In passato ci occupavamo di eroina, dal 2000 di dipendenze comportamentali. Riguardo l’azzardo, il nostro approccio è multidisciplinare perché risultano maltrattate la psiche, la salute fisica (la gente passa ore alle macchinette e dimentica di mangiare, bere, fare pipì, muoversi), le relazioni, i conti in banca. I pazienti fanno richieste a diverse finanziarie per risanare i loro debiti. Nella loro mente cresce la fantasia per risolvere i guai, una sorta di pensiero magico che però li porta nel baratro». Il primario del SerD ha parlato di numeri “ imbarazzanti”: «L’Asst Rhodense nel 2022 ha preso in carico 76 persone, 22 di questo distretto. Gli uomini hanno dai 25 ai 50 anni, le donne sono più adulte. I ragazzini li vediamo più per la dipendenza da sostanze ma i giochi negli smartphone sono una preparazione: ci si procura la vittima per quando sarà più grande. I ragazzi imparano i benefici del gioco da subito: c’è una gratificazione e questo influisce sul neurotrasmettitore del piacere che è la dopamina, alla fine non puoi farne a meno. Per l’anziano è lo stesso, ha fame di qualcosa che faccia stare bene perché è solo e depresso. Poche persone accedono alle cure, va incentivata la consapevolezza di avere bisogno di aiuto».
Daniela Capitanucci ha allargato lo sguardo: «Azzardo e Nuove Dipendenze è nata nel 2003 con altri psicologi e avvocati, per sensibilizzare e fare formazione a tutti i livelli. Dopo vent’anni le cose si sono complicate. La stessa Commissione parlamentare antimafia dice che il gioco legale è volano della illegalità, ci sono infiltrazioni nella gestione e l’attività investigativa ne dà riscontri. Noi ci focalizziamo non sul giocatore ma sulla rete con cui è in contatto: 76 utenti sono la punta dell’iceberg, per ogni giocatore che soffre ci sono 7 persone nella sua rete di contatti che soffrono con lui, familiari, amici, colleghi, dipendenti se si tratta di un imprenditore. A cascata si generano indebitamento e violenza domestica, furti, rapine e omicidi. Servono prevenzione ambientale unita alla prevenzione educativa, ma non abbiamo indagini nazionali dopo quella del 2018 dell’Istituto superiore di sanità e non ne sono previste a breve».
Capitanucci ha ricordato che per i minorenni esiste il divieto ma «in un contesto in cui il gioco d’azzardo viene sdoganato come attività lecita di intrattenimento, è difficile pensare che non siano influenzati. Se poi in casa i genitori fanno scommesse sportive e comprano gratta e vinci, anche i ragazzi iniziano presto. Nel 2018 un 3 per cento della popolazione, 1,5 milioni, aveva problemi legati all’azzardo, un altro 2,8 per cento aveva comportamenti di rischio moderato. Parliamo di quasi 3 milioni di italiani. Per il minori è uguale, sono circa 70mila quelli che già manifestano un problema. I gestori delle sale non li vedono o fanno finta di non vederli: difficile non individuare un 14enne in sala scommesse, ma pare che i minorenni siano uno su 4. Tra i giovani poi crescono le scommesse sullo sport e il sistema non garantisce protezione ai minori».
Fondamentale un passaggio dell’intervento della psicoterapeuta: «L’azzardo non si sviluppa dalla sera alla mattina, non si decide di diventare dipendenti. I condizionamenti dati da vincite e mancate vincite spingono a reiterare il comportamento. Chi si fa coinvolgere si gioca più denaro, più a lungo e più spesso di quanto previsto e di quanto si possa permettere. Si parte con piccole somme e piccoli limiti infranti, per arrivare a casi di elevata sofferenza. Alcuni studi parlano di persone che chiedono pannoloni per non allontanarsi dalla macchina da gioco: questo va a decremento della salute, ci si ammala più facilmente, abbondano i suicidi. Si rompono relazioni e si generano violenze domestiche. A Gallarate abbiamo avuto un caso di grave denutrizione: una ragazzina trovava sempre il frigorifero vuoto, i genitori erano entrambi impegnati con l’azzardo. E poi riduzione delle prestazioni di studio e lavoro, il miraggio di professioni che arricchiscono come nel poker sportivo. I danni sono incalcolabili e non se ne uscirà per caso, perché c’è la volontà politica di trarre profitto dall’ azzardo. Eppure l’invarianza di gettito nell’erario appare intoccabile. Dobbiamo puntare sulla promozione della salute, sulla prevenzione nelle scuole e per gli anziani, studiare restrizioni. Non si possono mettere sullo stesso piano erario e salute, la Costituzione vede la salute come diritto preminente rispetto alla libertà imprenditoriale ed economica. Rimettiamo la salute al centro. Lo abbiamo chiesto come Osservatorio nazionale ma tutto pare essere finito nel cassetto».
Riccardo Raimondi, giunto dalla sede di Modena di BPer Banca, ha presentato il modello del suo istituto di credito che non rilascia prestiti per finanziare la sistemazione di sale scommesse per marketing o comunicazione sull’azzardo: «L’opuscolo nato con Avviso Pubblico è destinato soprattutto ai giovani. I nostri dipendenti sono invitati a dare un primissimo soccorso, le nostre carte di credito sono inibite alle sale scommesse online e noi informiamo le famiglie se si tratta di uso da parte di minorenni. Un altro opuscolo è per i dipendenti e le famiglie, per le situazioni spiacevoli che nascono quando i conti finiscono in rosso. L’azzardo è un fenomeno esploso ma sottovalutato, noi lavoriamo con le città per informare e raggiungere più persone possibile».
Toccante la testimonianza di Alessandra Mureddu, romana di origine sarda: il suo racconto, emerso in qualche pagina elaborata durante un corso di scrittura, è stato pubblicato da Einaudi nel libro “Azzardo” che la Libreria San Vittore ha messo a disposizione dei partecipanti al convegno.
«Io – ha detto Mureddu – rientro nelle statistiche, sono un numero. Non si diventa compulsivi in un attimo, io giocavo ogni tanto al casinò, mi piaceva andarci ma poi a Roma non c’era. Non ho provato interesse per il gioco finché non hanno aperto sale gioco nel 2006 ricreando l’ambiente del Casinò, moquette, assenza di finestre, profumazioni forti. Un ambiente riconoscibile in modo sensoriale. La mia è una famiglia disfunzionale, nessuno ricopriva il suo ruolo di padre, madre e figlia. Mio papà era molto rigido e votato al sacrificio: sono stata spinta a pedinarlo quando non veniva mai a casa, come fossi io la moglie. Non c’erano tradimenti, era andato in pensione e giocava. Un giorno entrai in quella sala, mise una banconota nella macchinetta e io vinsi 900 euro. Mi vergognavo, ero pietrificata, ma lui mi disse “brava” e non me lo aveva mai detto. Quando aprì una sala sotto casa, facevo le stesse cose che faceva lui. Dopo un anno ero compulsiva, poi fu sempre peggio per nove anni. Il punto più basso è stato quando ho rubato e portato al compro oro tutto l’oro di famiglia, quello che mi hanno dato in cambio l’ho giocato in un paio di giorni».
Conto ormai scoperto, il ricorso ai soldi del padre: «Un circolo morboso, esperienze affettive sgangherate, poi l’incontro coi Giocatori Anonimi. Sono entrata disperata in una loro sede, insieme si poteva uscirne. Papà si era sentito tradito perché lo avevo lasciato solo. Ho provato a salvarlo ma non ha voluto ed è stato fermato solo dal decadimento cognitivo. Ora ne sono fuori, sono una ex compulsiva, non provo nemmeno una tombola. Ho avuto una ricaduta con un gratta e vinci, sono diventati dieci e poi cento, poi mi sono fermata. Ora basta».
A tirare le fila del convegno il sindaco di Rho Andrea Orlandi, prima della firma del Patto di comunità: «Il contesto influisce, dobbiamo aprire gli occhi. Se le stime dicono che a Rho ci sono 1500 giocatori patologici in media dovrebbe essercene uno qui tra noi. Dobbiamo lavorare anche a livello istituzionale: questa partita vale l’1 per cento del bilancio dello Stato, 8 miliardi su 800 miliardi. Non possiamo incassare con una mano e con l’altra mano far fronte a interventi sociali. Il tema è economico ma non solo, tocca la sfera dell’etica pubblica. Possiamo agire in rete, in una comunità di intenti che unisce forze dell’ordine, scuole, gruppi di anziani, commercianti e imprenditori, partiti e sindacati, aziende speciali comunità religiose. Dobbiamo sentirci tutti coinvolti, speriamo ogni anno di aumentare il numero di persone pronte a collaborare».
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