In cerca di un editore
DI FMK
Eravamo tre pirla, come si può dire altrimenti se no, l’art-director, il cavallo di razza e io, e ormai avevamo girato tutti gli editori della Lombardia per portare quel nostro prodotto, il numero zero di una rivista a fumetti, telefonate e anticamere, e poi sogni infranti, e a furia di presentarlo mi ero quasi convinto che fosse davvero uno zero, la settimana prima però ero entrato alla Feltrinelli e avevo visto il reparto fumetti, erano tutti lì, gli Ugo Patz, i Mardillo, i Dalan Drog, mancava solo la nostra rivista, ed era ovvio che mancasse, si chiamava Omissis, ma se ci fosse stata, la sua bella figura in mezzo a quelle celebrità ce la faceva, eccome, era unica, era speciale, almeno per noi, e c’eravamo divertiti come matti a metterla insieme, e forse un po’ pazzi lo eravamo davvero per la gente della nostra cittadina dove il tempo non si ferma mai e tutti corrono dietro ai soldi, e noi invece li buttavamo, e sprecavamo ogni possibilità per costruirci una lieta vecchiaia con un gruzzoletto in banca, e intanto però l’entusiasmo cresceva, e volevamo mettere insieme una rivista che facesse ridere e anche pensare, e intanto eravamo noi i primi… E quella mattina ci giocavamo l’ultima carta, era un due di picche, noi lo sapevamo, ma l’editore no, e l’art-director bleffava, il cavallo di razza bleffava, io bleffavo, e per questo c’eravamo messi i vestiti belli, e l’art-director era perfetto, chissà quanto costava quel suo vestito grigio, e certo è che aveva anche classe e la parte del fighetta gli veniva proprio bene, e scherzava sulla sua cravatta davanti all’editore come se fossero amici da una vita, io avevo un vestito che aveva vent’anni, ma praticamente era nuovo perché in vent’anni, prima di quel giorno, l’avevo messo tre volte, una al funerale di mio zio Rico, e un’altra a quello della zia Irma, e la terza al funerale dello zio Nino, era il vestito degli zii, e anche il vestito dei funerali e, porca miseria, me ne accorgevo solo in quel momento, ah no!, l’avevo messo anche il mese prima a quella conferenza al Rotary, beh meno male, ma forse anche quello era un funerale e non me ne ero accorto, e anzi era più triste degli altri… e il cavallo di razza a un certo punto si alzò in piedi e recitò la parte, e ripeteva sempre che il suo sogno era di dire lui stesso le battute che scriveva per gli altri, e così fece, e l’editore non capiva più niente, cercava di dire che quella rivista non gli interessava, era bella sì, ma a lui quel genere di cose non interessava, e alla fine parlò della carta, di quella più adatta, non molto pesante ma nemmeno trasparente, magari quella riciclata, non aveva ancora detto se faceva la rivista o no, e già sceglieva la carta, parlava di brossure e rilegature, e a questo punto noi tre ci guardammo, e pensammo la stessa cosa, che eravamo solo tre pirla.
(Tratto da una storia vera, come dicono nei film)
Racconto di FMK (www.ilcavedio.org). Disegno stile Hopper
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