Crisi sanitaria ed elezioni regionali: «Nessuno schieramento offre soluzioni utili a risolverla»
Ad affermarlo a pochi giorni dalle elezioni regionali è il dottor Stefano Ongaro medico di Medicina Generale che in un'articolata lettera ha analizzato il precario stato di salute del sistema sanitario
«Nessuna voce si è ancora alzata, da nessuno schieramento, per dire cosa si vuole fare per intervenire in modo strutturale per modificare questo stato di fatto». Ad affermarlo, a pochi giorni dalle elezioni della nuova amministrazione di Regione Lombardia, è il dottor Stefano Ongaro medico di Medicina Generale che in un’articolata lettera ha analizzato lo stato di salute del sistema sanitario. Una situazione precariache già si era delineata prima della pandemia. Una crisi prevedibile acuita dall’emergenza sanitaria. E dopo tutti questi anni, in cui il comparto sanitario ha sempre lanciato segnali di allarme, ora si cerca di «mettere una pezza per chiudere una falla che è, in realtà, una voragine». Ma nessuno ancora ha messo sul tavolo soluzioni utili per cambiare rotta.
Di seguito ecco la lettera integrale a firma del medico Stefano Ongaro
Gent.ssimo direttore,
ci avviciniamo a passi spediti verso un confronto elettorale che vede in campo schieramenti contrapposti ma che hanno tra loro un unico punto programmatico principale in comune: la Salute.In questi giorni ho avuto modo di partecipare sul territorio di Legnano ad alcuni incontri promossi dai tre principali competitori politici. In tutti gli eventi, tema preponderante, la gestione della sanità lombarda. È fuori di dubbio che la pandemia Covid abbia prodotto sconquassi per quanto concerne la capacità del nostro Sistema Sanitario di assorbire la domanda di salute, mettendo in crisi la medicina territoriale così come la medicina ospedaliera. A questo punto però, con un picco pandemico ormai da tempo ai minimi storici le difficoltà di accesso alle cure non ha mostrato, se non in pochi casi e con una flessione quasi intangibile, come la crisi del sistema non sia contingente al periodo Covid bensì, purtroppo, strutturale.
La pandemia, insomma, ha solo fatto “saltare il tappo” in una situazione già critica di suo che oggi mostra la crisi del sistema in modo evidente per tutti. Nel nostro ambito regionale, in particolare, abbiamo assistito in questi anni ad un progressivo smantellamento della medicina territoriale e del comparto ospedaliero pubblico, spesso a favore della sanità privata.
Alcuni esempi? Nel nostro ospedale di Legnano, negli anni passati erano attivi reparti che rappresentavano il fiore all’ occhiello della sanità legnanese e lombarda, reparti che tutti ci invidiavano. Erano strutture di riferimento che richiamavano pazienti da tutta la Lombardia e talvolta anche da fuori Regione in virtù dei loro elevati standard di qualità in fatto di cure ed assistenza al malato. Quando sono nate realtà sanitarie private convenzionate territorialmente limitrofe , abbiamo assistito ad un progressivo depotenziamento a causa di un costante sottofinaziamento in termini di risorse materiali ed umane; ciò ha prodotto una graduale riduzione delle cure in termini quantitativi e qualitativi, situazione che ha determinato il fatto che i pazienti hanno progressivamente dovuto modificare il proprio orientamento di presunta, solo presunta “libera scelta” verso il settore privato, settore che si è giovato, oltretutto, della possibilità di poter scegliere le prestazioni erogabili, orientandosi verso quelle di minor impegno professionale, di minor qualità ma estremamente più remunerative. Altro tema è quello della carenza di personale medico di cui tutti oggi si rammaricano e lanciano lai al cielo; ricordo come da più di tre lustri le associazioni mediche, sindacati di categoria in primis, segnalano come le proiezioni statistiche basate su dati anagrafici dei medici allora in attività, prevedevano con precisione matematica il fatto che, giunti ai tempi nostri, all’incirca la metà dei sanitari in attività tra la fine degli anni novanta ed inizio duemila sarebbero andati in quiescenza professionale in questi anni pressoché in blocco (c.d. Gobba Pensionistica), con i risultati che tocchiamo oggi con mano.
Secondo stime attendibili, nel periodo compreso tra il 2020-2024, è previsto un esodo pensionistico di circa 35000 medici appartenenti al SSN (Fonte FIASO). Tradotto in pratica, significa uno spopolamento delle corsie ospedaliere e un numero sempre crescente di cittadini che rimarranno privi del loro medico di famiglia.
Bene, caro direttore, pensi che qualcuno, tra i responsabili della programmazione e gestione del comparto sanitario, in tutti questi anni, malgrado le continue sollecitazioni e grida di allarme, abbia pensato ad una soluzione per porre rimedio a questa deriva? Ad oggi, le soluzioni individuate sono state quelle sotto gli occhi di tutti: ambulatori gestiti dalla continuità assistenziale (ex Guardia Medica) dalle 20.00 alle 24.00 per i pazienti rimasti senza medico di famiglia, pazienti costretti a migrare a decine di chilometri di distanza per accaparrarsi un medico, ampliamento del massimale di scelta da 1500 a 2000 pazienti per i medici di medicina generale ancora in attività, aerei provenienti da Cuba carichi di medici disposti a lavorare in Italia, probabile proroga da 70 a 72 anni d’ età per i medici pensionabili che vogliano continuare a lavorare, ed altre amenità di questo genere. Come dire, si cerca di mettere una pezza per chiudere una falla che è, in realtà, una voragine. Nessuna voce ancora si è levata, da nessuno schieramento, per dire cosa si vuole fare per intervenire in modo strutturale per modificare questo stato di fatto.
Segnalo che un medico si forma con un percorso di studi di almeno 10 anni; ciò significa che una inversione di tendenza la si potrebbe vedere comunque nel medio-lungo periodo e non certo da subito, pur con un intervento tempestivo che comunque non è, per quanto ne sappia, alle viste. Infine, in questi anni abbiamo, come rappresentanti di categoria, sottolineato ai nostri interlocutori istituzionali queste criticità ed avanzato le nostre proposte per un cambio di rotta allo scopo di migliorare la capacità di rispondere alle necessità dei nostri pazienti. Siamo stati ascoltati nei consessi e nei tavoli tecnici, spesso anche applauditi, ma inascoltati nei fatti. Ovviamente, potrei continuare con gli esempi ma per carità di patria e per non abusare della pazienza dei tuoi lettori, mi fermerò qui.
A questo punto però, vorrei chiudere con una domanda: siamo davvero convinti che chi ha timonato la nave verso gli scogli lo abbia fatto per incapacità, menefreghismo, incompetenza? Non c’è altro? Non può essere che, mi domando, l’obiettivo finale sia quello di arrivare ad uno smantellamento graduale, progressivo ma nel contempo inesorabile del nostro SSN? Del resto, abbattere un muro a picconate fa molto rumore, smontarlo mattone dopo mattone, in silenzio e nell’indifferenza generale richiede tempi più lunghi ma genera sicuramente meno scalpore. L’importante, del resto, è perseguire l’obiettivo.
Con ciò, caro Direttore, ti ringrazio per lo spazio concesso e, con un pizzico di amarezza, ti porgo i miei più sinceri saluti.
Stefano Ongaro
Medico di Medicina Generale
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