Aggressione al supermarket di Assago, com’è possibile arrivare a tanto?
Le riflessioni del dott. Francesco Fisichella, analizzando l’accaduto sotto 2 aspetti: uno clinico e l’altro sociale
Fa riflettere la frase di Andrea Tombolini, l‘uomo che ha accoltellato 5 persone al supermercato di Assago, di cui purtroppo una è deceduta, sul perché ha commesso quel terribili gesti: “ ho ucciso perchè pensavo di essere malato e provavo invidia per chi era felice e stava bene”.
L’uomo 48 anni era disoccupato, in passato si era inferto autolesionismo, aveva sofferto di depressione e una scarsissima vita sociale, siamo in presenza come ha dichiarato il pm Viola di un atto causato da un evidente disagio psichico. Quando succedono fatti del genere è istintivo domandarsi come sia possibile arrivare a tanto, proviamo quindi a fare delle riflessioni analizzando l’ accaduto sotto 2 aspetti: uno clinico e l’altro sociale.
L’analisi clinica parte dal fatto che evidentemente l’uomo era fortemente sofferente, vulnerabile e con un labilissimo equilibrio psichico. Le sua dichiarazioni ci portano dritti sul tema della rabbia e l ‘invidia provata per la “presunta “ felicità degli altri. La frustrazione per la propria vita infelice condizionata dalla malattia, ha generato la rabbia e l’invidia verso gli altri, che nella sua folle visione, erano tutti felici e senza problemi. Ecco che con quel terribile gesto, eliminare le persone “felici” avrebbe rimesso le cose in parità, gli avrebbe garantito di porre fine alla sua angoscia, rimuovere dal reale (la realtà) chi genera la prova della mia infelicità: dato che gli altri sono felici se li elimino mi accorgo meno della mia infelicità, soffro di meno. Ricordo che non si tratta di una spiegazione che giustifica tale gesto, siamo nel campo di un analisi clinico/patologica del disagio psichico.
L’analisi sociale che è comunque direttamente connessa con quella psichica ci porta invece a riflettere sul disagio contemporaneo che è presente nella società e che tocca adolescenti, adulti, famiglie etc.. La psicologia sociale ci dice che il nostro benessere deriva sia da un equilibrio interiore ma è imprescindibile dal rapporto con gli altri, dalle cose che facciamo e dal riscontro che la società ci da in relazione al nostro valore: in tal senso, avere un lavoro, una vita affettiva /relazionale, degli hobby, amici, un indipendenza economica, ci fa sentire inseriti nella società, “come gli altri” e non isolati in una vita di solitudine dove “osservo la felicità” e la vita piena degli altri. Il tema in sostanza riguarda l’inclusione sociale vs esclusione sociale.
Se però troppe cose vanno male sembra che il destino si accanisce contro e la sensazione è di trovarsi in un tunnel senza uscita di disperazione, rassegnazione e condanna ad un infelicità. Di contro cresce la rabbia e l’invidia verso gli altri che invece penso abbiano tutto dalla vita. Aggiungiamo poi che la nostra epoca è condizionata dalla vita sui Social network, dove le persone tendono a rifugiarsi in una vita virtuale e ad esporre spesso solo un immagine di sè appagata, felice, piena, che poi non corrisponde alla vita reale. Infine di riflesso, un ulteriore conseguenza di fatti come questi è che si generano poi nelle persone anche sensazioni di insicurezza nel potersi muovere in luoghi pubblici con ricadute sulla libertà individuale. Fatti come questi riportano ancora una volta al centro l’ importanza della tutela e prevenzione della salute mentale partendo dall’ individuo ma che poi riguardano la collettività e abbracciano temi di ordine sociale.
Dott. Francesco Fisichella Psicologo Legnano
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