Biometano, l’impianto di Legnano finisce davanti a Corte dei Conti, Authority e magistratura
Comitati ed associazioni ambientaliste contrarie al progetto per l'impianto per il biometano hanno presentato una serie di ricorsi ed esposti-denunce
La strada dell’impianto per la produzione di biometano di Legnano è in salita da sempre, tra vicissitudini burocratiche e giudiziarie e proteste quantomeno “vivaci” iniziate da molto prima che fosse posata la metaforica prima pietra. E neanche oggi, a quattro mesi di distanza dal taglio del nastro, le traversie per la struttura sono finite: comitati ed associazioni ambientaliste (Laboratorio Ambiente, Eco Rete – Rete Ecologica Lombardia, “Ambiente Futuro Lombardia” Tutela Salute), da sempre contrarie al progetto, hanno infatti presentato una serie di ricorsi ed esposti-denunce alla Corte dei Conti, alla Procura di Milano, all’ANAC e ad authority pubbliche come l’Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza e l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente.
L’idea alla base dell’impianto è quella di trasformare la frazione umida dei rifiuti in biometano e compost: i rifiuti, dopo un trattamento di preselezione per eliminare eventuali “intrusi”, verranno sottoposti ad un processo di degradazione al termine del quale il biogas ottenuto verrà depurato e raffinato diventando biometano. Il residuo della lavorazione verrà invece stabilizzato e trasformato in compost di qualità.
La posa metaforica della prima pietra per la nuova struttura era arrivata a luglio 2020, a valle di un percorso iniziato il 3 dicembre 2015, quando Amga venne autorizzata dall’allora provincia di Milano a realizzare un impianto che avrebbe trattato lo stesso tipo di rifiuto, ovvero la frazione organica dei rifiuti solidi urbani e il verde, ma per produrre elettricità ed energia termica attraverso la combustione del biogas. Poi, dopo che nel 2017 Asja Ambiente e Tecnologie Ambientali si sono aggiudicate la gara di appalto per la progettazione, realizzazione e gestione della struttura, la partecipata di via per Busto Arsizio si è seduta al tavolo con Città Metropolitana per la variante del titolo autorizzativo che ha sancito il passaggio dal biogas al biometano.
Biometano che però ha effettivamente iniziato ad essere prodotto solamente qualche settimana dopo l’inaugurazione dell’impianto, e non senza lamentele. «Prima ancora che l’impianto funzioni a pieno regime, l’odore acre e la puzza di marcio sono state avvertite in un raggio di 500 metri – spiegano comitati e associazioni ambientaliste attraverso l’ex deputato Stefano Apuzzo -. Ecco dove finiscono le promesse e le rassicurazioni del sindaco Fratus prima e di Radice poi, in flatulenze a danno degli abitanti dei quartieri residenziali più a ridosso di via Novara (San Paolo e Mazzafame in primis). Come è noto, città metropolitana di Milano è propensa ad autorizzare qualsiasi impianto venga proposto; toccherà, in seguito, ai cittadini farsi in quattro per il rispetto delle norme e delle emissioni olfattive (puzze)».
«L’impianto di via Novara non rispetta alcune normative di base sull’assegnazione con gara di evidenza pubblica dei rifiuti provenienti da raccolta differenziata (e, quindi, con valore economico intrinseco) – aggiungono comitato e associazioni -. Su questi ultimi aspetti, sul costo di trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani, fermo per 22 anni, con danno economico per la cittadinanza (considerato che il costo di trattamento tende a regredire progressivamente), sul lotto unico dell’appalto, sulle modalità di approvvigionamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani, comitati e associazioni ambientaliste hanno formalizzato lo scorso maggio ricorsi ed esposti-denunce alla Corte dei Conti, alla Procura di Milano, all’ANAC, alle Autority pubbliche, come l’AGCM, Autorità Garante per il Mercato e la Concorrenza e ARERA».
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