Ex lavoratori Auchan di Rescaldina, a rischio anche una coppia con figli
Marito e moglie coinvolti nella vertenza ex Auchan-Conad, dopo aver affrontato e vinto il ricorso per il reintegro, presentato contro l'attuale proprietà Conand, si trovano di nuovo punto e a capo, con la prospettiva di restare senza lavoro
«Qual è il valore di una sentenza emessa dal giudice se può essere raggirata?». A chiederselo sono Morena e Diego, marito e moglie coinvolti nella vertenza ex Auchan-Conad che dopo aver affrontato e vinto il ricorso per il reintegro, presentato al Tribunale di Busto Arsizio contro l’attuale proprietà Conand, si trovano di nuovo punto e a capo, con la prospettiva di restare senza lavoro. Loro sono due dei quattro lavoratori licenziati (due full time e due par-time) che negli scorsi giorni hanno manifestato davanti all’entrata della galleria commerciale di Rescaldina. Questi dipendenti non aderirono al piano di incentivazione all’esodo proposto dalla subentrante Conad, ed accettato solo dalla Cisl e non dalla Cgil.
I due coniugi hanno due figlie piccole: una va all’asilo e l’altra alle elementari. Così guardano al futuro con amarezza, preoccupazione e la speranza che questo incubo finisca al più presto con un lieto fine lavorativo per entrambi. Come ci ha raccontato la coppia, prima dell’apertura dell’ipermercato, nel 2000, Morena svolgeva mansioni varie (surgelati, punto ristoro, bar, reparto panetteria insacchettamento pane e banco servito pane pizza focaccie, reparto macelleria e confezionamento carne). Dopo la maternità è rientrata nel reparto casalinghi, cancelleria e bazar al piano superiore. Diego, invece, lavorava nell’area panetteria produzione pane pizze pasticceria, caricamento ortofrutta, casse barriera e benzina.
Poi è iniziata la vertenza ex Auchan: un lungo periodo di incertezza, lotte sindacali e proteste. Dove la resistenza sembrava l’unica chiave per poter sperare in una svolta positiva. Con loro il sindacalista Fabio Toriello segretario della Cgil Ticino Olona che ha seguito i lavoratori e cercato di trovare soluzioni ottimali. Il sindacalista ha poi accompagnato il gruppo di dipendenti, che non avevano accettato l’incentivo all’esodo, in una battaglia legale. A distanza di 16 mesi il giudice ha dato loro ragione. La sentenza del Tribunale di Busto Arsizio (emessa il 15 febbraio) infatti, ha «sancito sancito l’illegittimità della scelta aziendale praticata in sede di accordo sindacale non sottoscritto dalla CGIL – precisa Toriello – riconoscendo ai lavoratori il diritto dell’immediata reintegrazione sul posto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni arretrate a decorrere dal 1 ottobre 2020 ad oggi. Solo che ora la proprietà ha deciso di avviare procedure di licenziamento individuale.».
In un momento che sembrava sereno è tornata però la tempesta: lui ha ricevuto ufficialmente la comunicazione dell’imminente licenziamento, mentre lei è in attesa di capire quando dovrà affrontare lo stesso destino. «Diego è stato convocato il 23 maggio dall’ispettorato del lavoro senza esito positivo – spiega la moglie -. Quindi aspetta solo la lettera di licenziamento, una comunicazione che arriverà presto. Se la sentenza ci ha dato ragione perchè siamo tornati al punto di partenza, ossia, lavoratori sacrificabili… da licenziare. A cosa è servito andare dinanzi al giudice se poi c’è la possibilità di raggirare la sua sentenza. La decisione del giudice era quella di reintegro immediato: sono passati tre mesi e non abbiamo fatto una sola ora di lavoro. Sarà una ritorsione? Non capiamo».
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