Con perfetta coscienza
di Emanuele Forma
Abitavamo al numero 21 di via D’Amelio. Papà era orgoglioso della nostra casa, un appartamento di quattro vani comprato con i risparmi di una vita da operaio e grazie alla catena di solidarietà di tutta la famiglia. Era ancor più orgoglioso della sua città, Palermo, secondo lui la più bella del mondo ingiustamente infangata dagli articoli dei giornali, soprattutto del nord, che non parlavano altro se non della mafia: “un’ignobile montatura”, diceva proprio così.
L’indignazione e la rabbia erano ancor più aumentate, ammesso che fosse possibile, da quando un magistrato della Procura della nostra città veniva regolarmente a trovare la mamma e la sorella che abitavano nel nostro palazzo.
“Un’enorme camurria”, diceva sempre quando arrivava con le macchine e la scorta “Noi che siamo gli abitanti, non riusciamo neanche più a parcheggiare”. Quando poi seppe che il magistrato aveva chiesto alla Questura di disporre la rimozione dei veicoli nella zona antistante l’abitazione della madre aveva perso quel poco che gli era rimasto della pazienza e si era messo a polemizzare, in mezzo alla strada, con un’agente della scorta: “una donna!” ci disse a pranzo “una donna che fa la scorta insieme a cinque agenti a un solo magistrato, un vero e proprio esercito. Oltretutto un magistrato fascista di famiglia fascista; aveva proprio ragione l’ultimo siciliano vero, Leonardo Sciascia, quando diceva che per i professionisti dell’antimafia nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso”.
Fu particolarmente soddisfatto quando seppe che la domanda alla Questura era rimasta inevasa: “finalmente qualcuno che sa fare il suo dovere” fu il compiaciuto commento. Quella sera stessa alla televisione riproposero un’intervista al magistrato che parlava del suo collega ucciso da poco: “Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca Morvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte. Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte.”
“Basta” esplose “Domani scriverò una lettera all’Ora e vedrete se non la pubblicheranno!”
Oggi è il 19 luglio 1993 ed è passato esattamente un anno dal massacro nel quale hanno perso la vita il magistrato e cinque agenti della sua scorta compresa la donna con la quale papà aveva polemizzato.
Qualche mese dopo papà, che era andato in pensione l’anno prima, volle vendere l’appartamento e trasferirsi nel paesino sul mare dove era nato. Dal giorno dell’attentato aveva praticamente smesso di parlare, passava tutto il giorno su una sedia davanti alla porta di casa a guardare il mare.
Si è spento dopo neanche due mesi.
In questo giorno sono voluto tornare in via D’Amelio perché per volontà della mamma del magistrato ucciso proprio nella buca lasciata dall’esplosione ha trovato posto una piantina di olivo proveniente da Betlemme. Si tratta di una iniziativa realizzata grazie alla solidarietà del Movimento per la Pace delle Donne in Nero palestinesi ed israeliane. Al termine della breve cerimonia mi sono avvicinato al muretto che circonda la pianta d’ulivo e ho lascito un biglietto, firmato a nome di mio padre; c’è scritto solamente “Con perfetta coscienza”.
Spero che tutti e due, papà e il magistrato, possano riposare in pace.
Racconto di Emanuele Forma (www.ilcavedio.org) foto da Wikipedia
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