Morte delle sorelle Agrati, la difesa del fratello propone appello contro la condanna per omicidio
La difesa di Agrati punta il dito contro la ricostruzione cronologica della notte dell'incendio, la natura dolosa del rogo e il movente economico
Si apre un nuovo fronte giudiziario, questa volta davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano, per Giuseppe Agrati, condannato a dicembre dello scorso anno all’ergastolo per il duplice omicidio delle sorelle Carla e Maria, morte nell’incendio divampato nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2015 nell’abitazione di famiglia al civico 33 di via Roma a Cerro Maggiore. Come avevano annunciato fin dai minuti immediatamente successivi alla lettura del dispositivo della sentenza, infatti, i legali dell’uomo nei giorni scorsi hanno proposto appello contro la decisione della Corte d’Assise di Busto Arsizio.
La difesa di Agrati nell’atto di appello punta il dito prima di tutto contro l’ordinanza con cui il giudice di primo grado aveva “bocciato” la richiesta di integrazione del contraddittorio e di trasmissione da parte dei periti di alcuni file utilizzati per la ricostruzione della dinamica e dello sviluppo dell’incendio presentata dagli avvocati dell’imputato. Ma a non tornare per i legali dell’uomo sono soprattutto la ricostruzione cronologica della notte dell’incendio su cui si è basata la corte, le conclusioni sulla natura dolosa dell’incendio e il movente che avrebbe spinto Agrati ad appiccare il rogo. Senza contare che alle dichiarazioni rese dall’uomo sia nell’interrogatorio di garanzia sia in aula per la difesa difficilmente si può attribuire valore di prova visto il suo disturbo di personalità.
La decisione della Corte d’Assise di Busto Arsizio di condannare l’uomo all’ergastolo era arrivata dopo oltre un anno di dibattimento e due nuove perizie che avevano stabilito l’una che Giuseppe Agrati era capace di intendere e di volere la notte dell’incendio e l’altra che il rogo non fu accidentale, mettendo un primo punto fermo a un “giallo” che aveva diviso il paese tra innocentisti e colpevolisti ed individuando un movente economico per l’omicidio.
Giuseppe Agrati era stato arrestato a novembre del 2019 ma già da marzo dello stesso anno era indagato per la morte delle sorelle. L’inchiesta inizialmente sembrava incanalata verso l’archiviazione: dai primi accertamenti tecnici e dalle risultanze testimoniali delle indagini della prima ora, infatti, secondo la Procura di Busto Arsizio non erano emersi indizi di colpevolezza tali da portare alla richiesta di rinvio a giudizio.
La svolta era arrivata quando la Procura Generale di Milano aveva avocato il fascicolo aperto a carico del 70enne a seguito dell’opposizione presentata da un nipote delle due donne rispetto alla richiesta di archiviazione della Procura bustocca. Con la riapertura delle indagini, al civico 33 di via Roma erano stati effettuati nuovi sopralluoghi, anche con la presenza della Scientifica, e il quadro emerso dal supplemento di inchiesta aveva portato la pubblica accusa a chiedere – e ottenere – il rinvio a giudizio dell’uomo.
E dopo un anno di dibattimento, punteggiato fin da subito dalle dichiarazioni rese spontaneamente dallo stesso imputato – che però ha deciso di non sottoporsi all’interrogatorio della Corte -, l’ultima proprio al termine delle repliche in cui ha nuovamente parlato di «menzogne» sulla sua vita e sui suoi rapporti con le sorelle, per Agrati era arrivato l’ergastolo con nove mesi di isolamento diurno, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la condanna al risarcimento delle parti civili, alle quali fin da subito ha dovuto versare una provvisionale di 60mila euro a testa, in linea con quanto aveva chiesto la Procura.
Richieste alla quale la difesa del 70enne si era opposta puntando il dito contro la mancanza di un movente, contro quelle che riteneva e ritiene lacune nella ricostruzione dei fatti e contro la violazione del diritto di difesa del proprio assistito, il cui patrimonio è stato sottoposto a sequestro. I legali di Agrati, che durante l’arringa a chiusura del dibattimento avevano anche adombrato possibili scenari alternativi incentrati sul ruolo di una terza persona non identificata o addirittura della stessa Carla Agrati, come avevano annunciato fin dai primi minuti dopo la lettura del dispositivo della sentenza stanno già predisponendo l’atto di appello contro il provvedimento.
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