Da Legnano alla Polonia per aiutare 14 profughi, la storia di Sofia Macchi
Sofia con una compagnia di sei volontari provenienti da tutta Italia ha raggiunto la frontiera polacca per portare aiuti e offrire un viaggio sicuro a donne e bambini
«La solidarietà chiama solidarietà e questo si chiama speranza». Ne è certa Sofia Macchi, 27enne di Legnano, che, con sei volontari provenienti da tutta Italia, ha raggiunto la frontiera polacca per portare aiuti e offrire un viaggio sicuro a donne e bambini.
Originaria di Cerro Maggiore, Sofia è una contradaiola di San Magno. Lavora in un’agenzia di comunicazione: «Quando è scoppiata la guerra, mi trovavo in crociera per lavoro. Organizzo eventi – racconta la legnanese – .Poi, alla sera, nella mia cabina, ho visto le violente immagini dei conflitti in Ucraina. È stato li che ho sentito l’impulso di dover fare qualcosa, ho sentito che non potevo continuare a vivere nella quotidianità di tutti i giorni». Sofia, ascoltando il proprio cuore, ha così deciso di mettersi al volante della sua auto per raggiungere la frontiera. «Mi sono resa conto, però, che non potevo mettermi in viaggio da sola con la mia Suzuki e, allora, ho preso contatto con altre persone che come me erano decise a portare aiuti ai profughi».
La compagnia di volontari si è composta nell’arco di poco tempo: sei cittadini provenienti da tutta Italia (Legnano, Siena, Napoli, Reggio Emilia e Roma) si sono incontrati e con tre auto e un furgoncino da 9 posti si sono messi in strada. La prima tappa è stata Przemysl doveesiste un grande centro profughi sul confine con l’Ucraina. «Lì ho potuto toccare con mano e vedere con gli occhi la tragedia che sta vivendo chi scappa dalla guerra – racconta Sofia -. In stazione c’era un flusso continuo di persone in fuga con bagagli raccolti in fretta. Persone disperate che hanno lasciato il cuore in Ucraina a casa vicino a coloro che sono rimasti. Donne e bambini in viaggio con la speranza che tutto possa tornare al più presto alla normalità. Nella stazione abbiamo visto treni carichi di merci di qualunque sorta: aiuti per i centri profughi». Tutti gli aiuti portati dal gruppo sono stati consegnati a Przemysl dove c’è anche una scuola trasformata in un dormitorio. «C’erano bambini con occhi smarriti, un colpo al cuore», il commento di Sofia.
La giovane legnanese, con i suoi compagni, è stata ospitata per la notte da una famiglia polacca e poi la ripartenza per raggiungere Lubino dove è stato trovato un albergo diventato un centro di accoglienza. «Questo Hotel non è solo un dormitorio, ma anche un vero e proprio magazzino. Anche da lì partono le staffette di aiuti che entrano in Ucraina. Abbiamo lasciato il nostro contributo e poi ci siamo organizzati per andare a prendere le 14 persone che dovevamo portare in Italia: otto donne e sei bambini dai tre mesi a i cinque anni».
In una situazione così complessa la lingua non è stata un ostacolo: gesti e sguardi sono bastati per farsi capire. «Loro non conoscevano l’italiano e non parlavano neppure l’inglese, ma non è stato un problema – afferma Sofia -, ci siamo capiti. Tutti loro resteranno nel mio cuore e credo che anche loro si ricorderanno di tutti noi e di questo viaggio. Mi auguro che tutte loro possano trovare un po’ di serenità e che possano tornare in pace nella loro terra… nella loro casa».
Una esperienza intensa per Sofia che pensa ancora a quei piccoli in fuga: «Auguro a quei bambini un futuro felice tinto con i colori dell’arcobaleno. Ciò che mi resta è la sicurezza di sapere che la solidarietà ci unisce: è un potenza. E spero che altre persone facciano come me. Nessuno deve restare indifferente: ognuno può dare un aiuto come può».
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