Confartigianato Imprese Alto Milanese: “Fondamentale sostenere le donne con politiche adeguate”
Esaminando le quasi 400 risposte ottenute dalle imprenditrici artigiane lombarde alla survey di inizio anno del Centro Studi Confartigianato sono essenzialmente due le parole chiave che se ne colgono: fatica e resilienza
Nel 2021 in Lombardia sono 38 mila le imprese registrate artigiane guidate da donne che operano per lo più nei settori dei servizi alla persona, dei servizi di pulizia, della moda e delle attività di ristorazione. Una su cinque delle imprese femminili che popolano la nostra regione operano nel comparto artigiano. Nello specifico di queste 38 mila imprese 5 mila sono gestite da giovani donne e 7 mila sono gestite da imprenditrici straniere. Le donne seppur fanno meglio degli uomini sul fronte istruzione e formazione scontano gap rilevanti a loro sfavore sul fronte lavoro, conciliazione e benessere soggettivo.
Esaminando le quasi 400 risposte ottenute dalle imprenditrici artigiane lombarde alla survey di inizio anno del Centro Studi Confartigianato sono essenzialmente due le parole chiave che se ne colgono: fatica e resilienza. Fatica, perché nonostante il 2021 è stato l’anno della ripartenza le MPI e imprese artigiane femminili non sono state in grado di recuperare i livelli di fatturato precrisi e hanno registrato una variazione media dei ricavi, nel 2021 rispetto al 2019, negativa del -9,7%, più pesante rispetto al -8,8% totale. Tale risultato trova spiegazione nella maggior presenza di artigianato capitanato da donne in alcuni dei settori più colpiti dalla crisi Covid-19 come quello della moda e del benessere.
Resilienza, perché anche se più colpite dalle conseguenze della pandemia le imprenditrici artigiane lombarde si dimostrano più combattive e pronte a reagire adottando, o esprimendo l’intenzione di adottare nel prossimo futuro, una o più azioni di sviluppo per riuscire a restare sul mercato incrementando la propria capacità competitiva, come dichiarato dal 61,2% di loro, quota superiore al 55% totale. Le azioni per ripartire maggiormente intraprese dalle donne a capo d’impresa sono: il miglioramento della qualità del personale attraverso la formazione o nuove assunzioni e il cambiamento dell’organizzazione interna all’impresa. La scelta ad indirizzarsi principalmente verso questi due ambiti di sviluppo da evidenza di come le donne, più degli uomini, vogliono ripartire e recuperare il terreno perso partendo in primis dalle persone e non dall’integrare modifiche che riguardano prettamente l’organizzazione del business dell’azienda intervenendo su produzione, canali di vendita o clienti. Come per le azioni di sviluppo anche rispetto alle aree di investimento si osserva una predisposizione maggiore della platea femminile a voler puntare su capitale umano e formazione.
I dati a disposizione, elaborati dal Centro Studi Confartigianato ci permettono di illustrare l’importanza e la centralità di alcune leve fondamentali per un contesto a “favore di donna” come l’istruzione e la diffusione capillare sui territori di servizi di assistenza negli ambiti della conciliazione (come i servizi per l’infanzia, asili nido), leve su cui poter e dover fare forza per incentivare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Difatti, si osservano tassi di occupazione. femminili più elevati proprio nelle realtà in cui c’è una maggiore diffusione di bambini che frequentano gli asili nido e di donne che hanno titoli di studio elevati (laurea e post-laurea).
Le imprenditrici della piccola impresa lombarda si dimostrano tenaci, determinate, combattive e fanno del capitale umano l’autentica ricchezza della propria azienda, tanto che investono primariamente in formazione per il personale e in nuovi modelli di sviluppo che permettano migliori equilibri – dichiara la rappresentante del Gruppo Donne di Confartigianato Imprese Alto Milanese, Giovanna Mazzoni, nonché Vice Presidente vicaria di Donne impresa per Confartigianato Lombardia – È nodale che il valore delle donne nel mondo del lavoro (siano esse a guida di un’azienda, dipendenti, libere professioniste o quant’altro) venga riconosciuto e sostenuto con politiche adeguate, a misura di PMI, e una cultura di cooperazione e collaborazione che perfezioni i meri meccanismi conciliativi».
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