I primi giorni di gennaio sono da sempre il momento ideale per pubblicare esordi originali. Quest’anno Longanesi si conferma uno dei segugi migliori nello scovare talenti letterari che ci daranno tanta soddisfazione, e lo fa con l’opera prima di Femi Kayode, autore di origine nigeriana ma residente in Namibia, che ha deciso di raccontarci l’Afrrica più thrilling.

Protagonista di questa storia è lo psicologo forense Philip Taiwo, che è considerato in Nigeria uno dei più autorevoli esperti del comportamento e della violenza delle folle. È per questa sua fama che a lui si rivolge un importante manager nigeriano per indagare su un atroce fatto di cronaca che ha visto fra le vittime suo figlio: la tortura pubblica e l’omicidio di tre studenti universitari di Okriki da parte della folla. Ciò che rende il crimine ancora più efferato e il dolore delle famiglie ancora più profondo è che non ci sono piste su chi possano essere stati gli assalitori, nonostante la violenza sia stata filmata e il video sia ormai virale. La dinamica dell’omicidio incuriosisce Philip, che torva in questo incarico anche un buon motivo per lasciare gli Stati Uniti e tornare nella sua terra d’origine.

Fin dal momento in cui Philip scende dall’aereo che da Lagos lo porta nella remota cittadina, però, si rende conto che l’indagine sarà tutt’altro che semplice. Soprattutto perché gli anni trascorsi negli Stati Uniti gli hanno fatto dimenticare gli usi e le abitudini dei suoi conterranei, il tribalismo ancora forte che regola le relazioni e la radicata superstizione. Per fortuna ha l’aiuto del suo fedele autista personale, Chika,che da subito si rivela il “ponte” ideale fra Philip e la popolazione della Nigeria degli anni Duemila.

Sin dai primi passi, l’indagine di Philip viene ostacolata: lo psicologo deve lottare contro i tanti che cercano di intralciare le indagini apertamente e i molti che avvolgono i fatti con un velo di omertà.  E più approfondisce più si rende conto che avvicinarsi alla verità è un percorso sempre più pericoloso.