Mauro Venegoni: Militanza politica per il comunismo
Nel racconto di Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli, gli ideali, la vita, il sacrificio del partigiano legnanese
Mauro Venegoni
Militanza politica per il comunismo
“Noi dobbiamo rimanere sulla breccia. E se è nostro destino sacrificarci, dobbiamo cadere là, al nostro posto di combattimento! Non un passo indietro!”
Le origini operaie
Mauro era nato nel 1903 in una famiglia di operai molto poveri, come la maggior parte degli operai di quel tempo. I suoi genitori Paolo Venegoni e Angela Stefanetti avevano iniziato a lavorare a 8 anni: Paolo, garzone di un falegname, aveva un piatto di minestra a mezzogiorno come paga, Angela, operaia al cotonificio Cantoni, per raggiungere i fusi era costretta a stare tutto il giorno in piedi su di uno sgabello.
Mauro aveva un carattere ribelle, sempre pronto all’azione. Era molto intelligente ma non ha avuto la possibilità di studiare: a 12 anni è entrato, volente o nolente, nel mondo del lavoro. C’era la famiglia da aiutare a mantenere e lavorare a quell’età, che per noi oggi sarebbe scandaloso, allora era la normalità (basta chiedere ai nostri nonni). Anche Mauro, come il fratello Carlo, maggiore di un anno, è approdato alla grande Franco Tosi.
L’inizio dell’attività politica
Il 1° maggio 1917 Carlo e Mauro assistono ad un comizio politico tenutosi a Legnano nel quale l’oratore parlava di quello che stava avvenendo in Russia e dell’esigenza della pace e invitava i lavoratori a costruire il sindacato per il proprio riscatto. Carlo e Mauro sono rimasti affascinati da quegli argomenti e si sono iscritti al partito socialista, di cui Carlo è divenuto responsabile giovanile per l’Alto Milanese, diventando entrambi attivisti sindacali e politici anche in fabbrica. Avevano entrambi una carica travolgente ed appassionata che coinvolgeva tutti tanto che nel settembre 1920 vediamo Carlo diciottenne e Mauro diciassettenne alla direzione dei grandi scioperi delle fabbriche legnanesi. Carlo verrà per questo licenziato. La Polizia legnanese aprì un fascicolo informativo su Carlo e Mauro.
L’adesione al Partito comunista d’Italia (Sez. III Internazionale)
Nel 1920 a Legnano ci sono circa 100 iscritti al Partito Socialista. Alla scissione del partito Comunista da quello Socialista con il congresso di Livorno di gennaio 1921 Carlo e Mauro passano al partito Comunista e il 90% degli iscritti legnanesi seguono i Venegoni.
Nei primi anni ’20 il fascismo prende piede anche a Legnano e Carlo, Mauro e il fratello Pierino, nato nel 1908, sono spesso vittime della squadracce nere, subiscono violenze, botte, olio di ricino. Soprattutto Mauro che non esitava a passare anche per il centro città, pur sapendo di rischiare maggiormente.
Nel luglio 1922 il giovane sindacalista Giovanni Novara viene massacrato e ucciso in pieno giorno in via XXIX Maggio all’angolo con la Rosolino Pilo. Al suo funerale partecipa anche Mauro Venegoni.
Le prime condanne al carcere
Nel 1926 al Congresso di Lione Carlo è incaricato di ricostruire il Partito e il sindacato nelle grandi fabbriche del nord. Nel ’27 è alla Fiat-Lingotto di Torino. Arrestato pochi mesi più tardi per una delazione, Carlo verrà condannato per “ricostituzione di Partito Comunista” a 10 anni di carcere, scontati in parte a Portolongone, i primi tre mesi nelle celle d’isolamento della Polveriera. Parzialmente interrate, completamente buie, umide, grandi appena più del tavolaccio che serve da letto, acqua e cibo una volta al giorno, un buiolo per wc. Non si esce mai. Più d’uno è impazzito.
Mauro e Pierino nel 1927 vengono anch’essi incarcerati. Il processo ci sarà solo nel 1928 e Carlo si addosserà tutte le colpe della costituzione del Partito a Legnano, così Mauro e Pierino vengono rilasciati per mancanza di prove: hanno già scontato 15 mesi di carcere preventivo.
Mauro e Carlo: rivoluzionari di professione
Nel 1930 Mauro emigra clandestinamente a Parigi e lavora alla Citroen, dove lo troviamo a dirigere gli scioperi. Si reca poi a Mosca: è la sua “Università”. Torna in Francia. Nel ’32 è arrestato in Calabria, dove era stato inviato dalla CGIL, e condannato a 5 anni.
Carlo e Mauro in carcere studiano storia, letteratura, lingue straniere, filosofia, pedagogia, economia. Carlo definirà quella la sua “Università”.
Nel 1934 Carlo e Mauro sono liberi, a Legnano, ma sottoposti a sorveglianza speciale e incarcerati preventivamente ogni volta che un’autorità passa dalle parti di Legnano o di Milano. Mauro trova lavoro alla Caproni a Milano.
Al Confino
Il 10 giugno 1940 viene proclamata l’entrata in guerra, il giorno successivo Carlo e Mauro, da tempo inseriti nelle liste delle persone “da arrestare in determinate circostanze” vengono arrestati e inviati in campo di concentramento, Carlo a Colfiorito di Foligno (Perugia), Mauro a Istonio Marina (Abruzzo).
La loro mamma scrive alle autorità una lettera per chiedere che Carlo, malato di tubercolosi, contratta a Portolongone, possa essere trasferito ed avvicinato se non a casa almeno al fratello Mauro, ad Istonio. La sua richiesta, probabilmente un desiderio non tanto suo, della mamma, quanto dei fratelli Carlo e Mauro, non venne accolta. Ma sarebbe comunque stato inutile perché Mauro nel frattempo viene trasferito per punizione alle Tremiti in quanto considerato, a ragione, l’ideatore ed il principale attivista di un’organizzazione interna clandestina. Mauro non rinunciava mai a battersi, nemmeno nel lager. Alle Tremiti Mauro scriverà un saggio politico con idee antistaliniste che lo farà espellere dal Partito Comunista.
Carlo riesce a farsi trasferire nel sanatorio di Garbagnate e poi proprio in quello di Legnano, in via Colli di Sant’Erasmo, e il 25 luglio 1943 le cronache dicono che Carlo si è “liberamente allontanato dal sanatorio”: detto in altre parole, Carlo Venegoni è scappato e si è dato alla clandestinità. Mauro in quella data era ancora imprigionato al confino: solo dopo parecchie pressioni il governo Badoglio ha deciso per l’amnistia dei prigionieri politici.
Estate 1943: inizia la lotta nella Resistenza
A fine agosto 1943 finalmente i due fratelli Carlo e Mauro potevano rivedersi. A Legnano. Carlo, diverse false identità e il nome di battaglia “Dario”. Mauro, diverse false identità e nome di battaglia “Landi”.
Nel frattempo i fratelli Pierino e Guido, il piccolino di famiglia, nato nel 1919, erano sotto le armi ma l’8 settembre 1943, in seguito all’armistizio, abbandonano i loro reparti e rientrano a Legnano. Finalmente i quattro fratelli sono insieme, per la prima volta dopo anni. Sono insieme e insieme lottano per la libertà organizzando in clandestinità la Resistenza non solo a Legnano ma in tutta la Valle Olona. Da subito.
L’8 settembre sera viene annunciato l’armistizio. Il 9 settembre mattina Mauro e Carlo entrano alla Franco Tosi e Carlo fa un comizio di due minuti per incitare gli operai alla Resistenza, alla lotta contro il fascismo e l’occupante tedesco.
La lotta contro lo stalinismo nel Partito comunista italiano
In luglio vanno a buon fine le trattative tra il Partito Comunista ed i fratelli Venegoni, accusati dal Partito di essere dei dissidenti, troppo di sinistra. Del resto il dibattito tra di loro venne pubblicato addirittura su alcuni giornali fascisti, con lo scopo di evidenziare la divisione interna fra i comunisti. In quel frangente era importante invece rimanere uniti per combattere il comune nemico nazi-fascista.
Come contropartita i Venegoni avrebbero cessato di stampare il loro giornale clandestino, “Il Lavoratore”, diffuso tra le Brigate Garibaldi e gli operai delle principali fabbriche della Valle Olona. L’undicesimo e ultimo numero de “Il Lavoratore” porta la data del 20 luglio 1944 e in esso si annuncia lo scioglimento del gruppo autonomo e la confluenza nel Partito Comunista dei suoi militanti.
Se Carlo, Pierino e Guido sono stati riammessi nel Partito, per Mauro non c’è stato niente da fare! Mauro dissentiva soprattutto dalla gestione del potere da parte del Pcus in Urss sostenendo con forza che “se mancava l’umanità non si potevano guidare i popoli!”. Quel suo saggio politico scritto alle Tremiti aveva allontanato per sempre Mauro dal Partito.
Il 29 ottobre 1944 in un recapito a Milano in Corso Buenos Aires 1 Mauro Venegoni, in quel periodo comandante di una Brigata partigiana Garibaldi nel Vimercatese, riesce ad incontrarsi col fratello Carlo, da poco fuggito dal lager di Bolzano-Greis in cui era stato rinchiuso dai nazi-fascisti in attesa della deportazione oltralpe.
Mauro è solo
Mauro in quell’occasione si lamenta col fratello dell’isolamento totale in cui lo stava relegando il Partito.
«Mauro era esasperato – racconterà poi Carlo – l’ho visto in uno stato di esasperazione tale da non saper più connettere: aveva acceso il gas, ché stavamo cuocendo un po’ di riso, poi si è spento il gas e lui è tornato ad aprirlo senza accendere il fuoco e a un certo momento io sentivo la puzza del gas… tanto era esasperato nel raccontarmi la sua vicenda».
Da due settimane Mauro è completamente isolato, senza collegamenti, agli appuntamenti non si presenta più nessuno e un amico gli rivela: “Mi hanno detto di non dirtelo ma te lo dico lo stesso. Ci hanno ordinato di rompere ogni contatto con te perché non sei iscritto al Partito”. Carlo aveva tentato ancora di convincere il PCI a riammettere Mauro, ma invano.
Mentre i due fratelli sono insieme arriva la notizia che è stato arrestato un compagno che conosce il recapito di corso Buenos Aires. Mauro deve fuggire ma vuole agire, far ancora parte della Resistenza, decide di tornare verso Legnano e Busto.
La cattura e le violenze
Casualmente, il giorno successivo, il 30 ottobre, viene arrestato e condotto alla caserma della Brigata Nera di Busto Arsizio, ma ha con sé documenti falsi a nome Mario Raimondi. Viene interrogato e anche torturato ma a un certo punto uno lo riconosce per quello che è, il Mauro Venegoni che da tempo vorrebbero avere fra le mani: per lui è finita, le botte e le torture si intensificano, in un’orgia di sangue, corrono brigatisti neri anche da fuori Busto. Vogliono sapere dov’è suo fratello Carlo e vogliono informazioni sulle Brigate. Lungamente e orribilmente torturato, Mauro non dice una parola. “Vermi,” urla loro, “voi avete rovinato l’Italia!”
Le torture e la morte
La notte del 31 ottobre lo caricheranno su una lunga automobile nera e, ubriachi di liquore e di sangue, lo scaraventeranno lungo la strada per Cassano Magnago e lo finiranno con due colpi alla nuca, abbandonando il corpo segnato da ferite e lesioni di ogni genere, mutilato e il viso orrendamente sfigurato: gli hanno rotto la mascella, cavato gli occhi, strappato i denti, gli hanno portato via metà faccia, gli hanno strappato le unghie delle mani e dei piedi…
I fascisti lo seppelliranno in tutta fretta col nome falso scritto sul suo documento dando come unica causa di morte i colpi d’arma da fuoco, tacendo tutto il resto e imputando la colpa dell’accaduto a ignoti. Ma la moglie di Mauro richiederà la riesumazione del cadavere, riconoscendo in esso il marito.
Questo era Mauro, un uomo libero come i suoi tre fratelli Carlo, Pierino e Guido. Un uomo retto, onesto, che dormiva pochissimo perché pensava molto e discuteva di giustizia e di libertà anche di notte, come ricorda il suo amico Arno Covini che visse con lui in clandestinità per un certo periodo a Milano.
Un breve ritratto
Queste le parole di Dario Venegoni, figlio di Carlo: «Ho conservato nel tempo la convinzione (non saprei dire da quali frasi di mio padre alimentata) che probabilmente per mio zio Mauro la guerra partigiana dovesse avere una qualche diverso sapore. Tra i due fratelli, così uniti, così vicini eppure così diversi, era Mauro l’uomo d’azione. Se il gruppo antifascista che si raccolse nel Legnanese attorno ai fratelli Venegoni fu così numeroso e compatto, lo si dovette all’esperienza, alla prudenza, alla determinazione di Carlo ma in misura non inferiore all’esempio trascinatore dell’ardimento, del coraggio, della temeraria ostinazione di Mauro. … Della testardaggine di suo fratello, della sua assoluta incapacità di scendere a qualsivoglia compromesso sia nella vita privata che nella lotta politica, del suo rigore, mio padre parlava con un misto di ammirazione e di riprovazione. Adorava quel fratello che da giovane fu bastonato innumerevoli volte dalle squadre fasciste, ma che non per questo smise di provocarle quotidianamente con il proprio atteggiamento sprezzante. Vantava le glorie del capo partigiano che non si fermava davanti a nessun ostacolo, sempre in prima linea, anche quando forse avrebbe potuto stare più riparato. … Mauro era stato agli occhi di suo fratello forse troppo impulsivo in qualcuna delle sue decisioni, perché non sempre si fermava a calcolare ogni possibile conseguenza delle proprie iniziative, e meno che mai considerava i pericoli personali ai quali si esponeva …».
Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli
Mauro Venegoni, una biografia con immagini
http://www.youtube.com/watch?v=La5YUHD7AM8&feature=youtu.be
I fratelli Venegoni. Per saperne di più
Dedicato a tutti i partigiani di Legnano e della Valle Olona
https://www.youtube.com/watch?v=W50oulSj5cA&list=UUZT59mMFWeYB55_UPs4QJBQ
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.