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Arturo Sesler, un caso ancora irrisolto

69 anni fa, il brigatista nero veniva ucciso dopo un essere stato prelevato dall'ospedale perchè ferito - Riviviamo la sua storia in questo documento...

Il Primo Maggio 1945 Emilio Sesler, tenente degli Alpini in servizio a Bergamo, ottiene cinque giorni di permesso per raggiungere la sua famiglia a Legnano.

Trova la mamma in lacrime, disperata, "perchè durante la notte precedente hanno ucciso mio fratello " -come scriverà nelle sue memorie- "che è ancora abbandonato in Piazza , ai piedi della fontana". 

Così si conclude infatti, a soli trentasei anni, la storia terrena di Arturo Sesler, legnanese, nella "sua " Legnano, nella Piazza principale che tante volte, giovanottino di bella presenza, lo aveva visto lì a passeggiare.

La storia personale di Arturo Sesler ebbe inizio a Legnano il 28 settembre 1908. Era figlio di Ghino e di Annita Baioni e aveva un fratello, Emilio. La sua era una famiglia benestante per quei tempi (discendevano dai Morosini di Venezia). 

Suo padre, ex ufficiale dei bersaglieri durante la prima guerra mondiale, aveva poi ricoperto l'incarico di procuratore presso il Cotonificio Dell'Acqua a Legnano ed era riuscito a far studiare i suoi tre figli.

Emilio, dopo i suoi meriti di combattente nel CIL, sfruttò in qualche modo la sua laurea in agraria e a sua volta entrò in una tessitura, la Tessitura Boraschi e Sesler.

Arturo, invece, era un funzionario presso la Banca Commerciale.

Storie normali di famiglie normali, ma quelli erano tempi duri.

Dopo un lungo e accidentato percorso nell’Esercito Italiano, sbandatosi in seguito agli eventi bellici del settembre 1943 , si arruolerà nella Brigata Nera “A. Resega” il 30.06.1944.

Con l'arruolamento nelle brigate nere inizia per Arturo Sesler una fase nuova che lo porterà a progredire nella carriera militare, che gli darà la gloria, ma che sancirà la sua morte.

Sesler, abbiamo visto, passa dalla parte dei fascisti in un momento topico della storia di Legnano.

Il 5 gennaio del 1944, cioè sei mesi prima del suo arruolamento ufficiale- come da foglio matricolare dell'esercito italiano- c'erano state l'irruzione delle SS nella Franco Tosi e la successiva deportazione di nove operai a Mauthausen; sette di questi non fecero ritorno a casa.

Il clima era rovente e si covava odio verso i tedeschi e i loro collaboratori fascisti.

Non tutti i fascisti legnanesi sono stati oggetto di riprovazione.

Le testimonianze raccolte da parte di persone tuttora viventi, che hanno voluto deporre a favore della statura morale di Arturo Sesler, concordano con quelle rilasciate da chi, invece, lo “conosceva bene”.

Di lui , Renato Galliverti, il volontario di guerra aderenete alle RSI dirà: "Me lo ricordo in particolare quando cinque dei nostri militi furono barbaramente seviziati, evirati ed uccisi presso Momo, durante un'operazione per il recupero di due mezzi pieni di derrate alimentari trafugati dai borsaneristi. Ebbene, il comandante Sesler fece a noi , brigatisti legnanesi in armi, inferociti per tanta crudeltà, un discorso di grande levatura. Ci disse che dovevamo evitare con grande dignità e senso di responsabilità ogni ritorsione puramente vendicativa, specie verso coloro che sospettavamo fossero complici o conniventi dei nostri nemici, altrimenti l'odio e la crudeltà avrebbero prevalso e sarebbero poi stati fatalmente coinvolti civili ed innocenti, mettendoci quindi allo stesso livello dei sicari assassini che uccidevano nell'ombra e alle spalle".

Certamente quella di Galliverti è una testimonianza faziosa, ma è anche vero che la testimonianza rilasciata è stata accreditata da più parti.

I venti cambiavano rapidamente. Le azioni di guerriglia dei partigiani, la riconquista del territorio va avanti. La guerra civile raggiunge il suo culmine. 

L'atto eroico

La sera del 24 aprile del 1945 la Gioventù italiana del Littorio, con le sue Fiamme Bianche, ricevette l'ordine di smobilitare. Tutti i documenti dovevano essere distrutti. Il 25 aprile Arturo Sesler , brigatista nero, riesce a mettere in salvo quasi tutti i suoi uomini, da solo. Invece di darsi alla fuga compie l'azione di copertura, benchè ferito ad una gamba…

Nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio, dopo essere stato prelevato dall'ospedale, sarà trucidato in Piazza San Magno e il suo corpo sarà, per quasi tutta la notte, abbandonato sotto una pioggia battente. La popolazione infierirà sul suo corpo…

Resta tuttora irrisolto il " Caso Sesler"

Dalle ricerche effettuate fino ad ora e dalle testimonianze raccolte sono spuntati nuovi elementi di indagine e sono emersi tanti interrogativi .

Ad esempio: Chi lo ha prelevato dall'ospedale in pigiama e lo ha condotto vicino alla fontana della piazza?

Per quale motivo è stato ucciso con un processo “evidentemente” sommario?

Chi lo ha ucciso?

Quando?

Dove?

C'era un plotone d'esecuzione?

E se c'era, chi era il comandante del plotone?

Perchè è stato barbaramente trucidato?

E perchè mai la gente ha infierito su di lui, se le testimonianze raccolte non dicono fosse tra i fascisti peggiori?

Come mai la mattina del 25 aprile, quando fu ferito nell'azione di copertura verso i suoi camerati, non fu concesso al Prevosto Cappelletti che si era recato al rione SS Martiri di trasportare il Sesler?

Conclusioni

Passati settanta anni dagli eventi, i documenti non saranno più segreti. Forse – e si spera ardentemente- qualche legnanese di buona volontà tirerà fuori da qualche cassetto una sola "carta " valida a restituire ad Arturo Sesler la dignità che fino ad ora gli è stata negata.

Personalmente, da appassionata di poesia e di poeti quale sono, voglio concludere questo breve saggio con ciò che Cesare Pavese pubblicò nel 1949: “Ho visto i nostri morti, ma ho visto anche i morti sconosciuti, quelli del nemico, quelli “repubblichini” sono quelli che mi hanno svegliato qualcosa… Il nemico, anche vinto, è qualcuno, e dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare chi l’ha sparso. Ogni caduto somiglia a chi resta e gliene chiede ragione. Al posto di un nemico nostro potremmo essere noi e non ci sarebbe differenza. Per questo ogni guerra è una guerra civile. E, dico, se vogliamo ritornare a sperare e vivere, pietà, pietà anche per il nemico ucciso”.

Mariavittoria Riccio

Redazione
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Pubblicato il 30 Aprile 2014
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