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25 APRILE 2013: L’INTERVENTO DI LUIGI BOTTA

"La festa della Liberazione, evento che ci fa riflettere, pensare, ricordare...

A voi tutti presenti, porgo il saluto dell’ANPI legnanese in questo giorno di festa che ricorda la liberazione e la rinascita della nostra Patria dopo l’oscuro periodo della dittatura e dell’occupazione nazista.

Dal diario del partigiano Giuseppe Colzani :

“ Una volta , che avevo 17 anni ed ero quasi a forza partigiano

trovammo nel perlustrare una cantina due fascisti.

Senza le armi son come due scatole vuote

e noi due morti in più non li volevamo.

Così li aiutammo a sparire a calci nel sedere

Ma poi, dopo qualche anno, uno lo incontrai che aveva una bambina.

Ci guardammo e lui mi disse: Ti devo la mia vita e ti devo anche lei,mi figlia

Ed io pensai che se avesse vinto lui la guerra

non ci saremmo stati né io né i miei due figli. “

Forse da queste parole del partigiano Colzani possiamo intuire il significato del 25 aprile. Fu la fine della dittatura fascista che insanguinò l’Italia, che rubò dall’anulare delle nostre madri la fede d’oro nuziale per finanziare una guerra di conquista invadendo ed uccidendo gente di altri popoli a casa loro. Nella bara, mia madre aveva al dito una fede di alluminio con all’interno la scritta “oro alla Patria” . La sua vera d’oro matrimoniale era l’unico oggetto d’oro che possedeva.

Venne cacciato oltralpe l’occupante tedesco, terminò la seconda guerra mondiale, finirono i bombardamenti delle città, le paure e le privazioni, si riconquistò la libertà.

Il 25 aprile, festa per l’Italia democratica, ci riporta al vissuto della seconda guerra mondiale, del fascismo aggressore di altri popoli, della dittatura, del carcere, degli anni di confino politico, delle dure e difficili battaglie dei gappisti e dei partigiani lassù sui monti. Dei tanti giovani che potevi vedere pregare in mezzo alla neve prima di partire per una azione e di chi si batteva, sempre e ancora in nome del re, ma faceva la sua parte con dignità e coraggio. E c’erano quelli che andavano a morire in nome di un mondo nuovo e di una società diversa. Con loro, soldati che già avevano fatto la guerra, erano ragazzi, operai, contadini, intellettuali, borghesi, nobili, maestri, professori, sacerdoti, professionisti. Uomini e donne: stanchi della guerra, delle sofferenze, delle macerie, della fame, stanchi delle falsità e della vuota retorica del fascismo. Erano i patrioti.

Il prezzo pagato fu altissimo:decine di migliaia di partigiani uccisi,feroci rappresaglie contro la popolazione, oltre 40 mila fra cittadini e lavoratori deportati nei campi di concentramento, eccidi, come a Cefalonia, di soldati che si rifiutarono di consegnarsi ai tedeschi, 600 mila giovani con le stellette (soldati di ogni arma, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia) che si schierarono per la nuova Italia e vennero deportati in Germania. ( Mi si permetta a questo punto, come disse l’altro giorno il nostro presidente Giorgio Napolitano nel suo discorso di insediamento, un saluto caloroso ai nostri militari impegnati in “missione di stabilizzazione e di pace” nelle varie parti del mondo.)

Le testimonianze delle fucilazioni e delle torture, la sofferenza del popolo tutto. E gli episodi terribili di partigiani che, invece di combattere il comune nemico, si uccidevano tra loro ed i sussulti di rabbia che portarono ad altre morti, talora ingiustificate. Un’epopea grandiosa, mondi incredibili, commoventi, straordinari, mondi generosi e severi. Che ci fanno riflettere, pensare, ricordare.

Grazie alla Resistenza quando gli alleati giunsero nelle nostre zone dell’ alta Italia trovarono le nostre regioni già libere da tedeschi e fascisti con città e paesi governati da nuove istituzioni democratiche. E Legnano fu una di quelle. L’Italia evitò cosi di essere ancora una volta divisa ed occupata per anni dalle forze alleate come avvenne in Germania ed in Austria.

Ma questi ragazzi che sono stati fucilati, massacrati, torturati ed impiccati che Italia volevano? Per quale Italia sono morti? Che cosa speravano e che cosa volevano per tutti noi nati dopo di loro? Ce lo hanno lasciato scritto. Basta leggere le “Lettere dei condannati a morte della Resistenza Italiana” per saperlo. Sono lettere straordinarie, bellissime: andrebbero lette a voce alta tante e tante volte in televisione, nelle scuole: farebbero un gran bene a chiunque. E farebbero bene anche a certi qualunquisti senza ideali e a tanti ragazzi che i mezzi di informazione di massa allevano nella vacuità intellettuale ed a quelli più savi in cerca di ideali certi, autentici, grandi.

Le parole che si rincorrono sono parole scritte prima di morire: pesanti come macigni, ma a volte leggere, libere, sollevate dall’orrore quotidiano della guerra fascista che stava distruggendo il Paese. Credetemi, le parole più usate in quelle lettere sono “libertà”, “giustizia sociale” “Patria”, “bontà”, “coscienza”, “famiglia, “cuore” “ Dio”, “dovere”, “diritti”. Non c’è mai odio e nessuno si pente delle scelte fatte.

Siamo oggi di fronte ad una gravissima crisi, ma anche ad una caduta senza precedenti dell’etica pubblica, a una implosione di tutti i valori, a un allentamento delle tensioni politiche e morali, al manifestarsi di fenomeni di corruzione, sino alla scoperta di infiltrazioni della criminalità organizzata nella stessa amministrazione pubblica. La conseguenza di questa deriva etica, che ha determinato una pericolosa assuefazione della gente alle situazioni di illegalità, è costituita dal venir meno della speranza di costruire una società più giusta e da una perdita di fiducia da parte dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Disoccupazione, specie per i giovani, morti sul lavoro e per avere un lavoro, pensioni insufficienti ad arrivare a fine mese, lavoro precario, un futuro incerto che umilia la dignità della persona. Una situazione che mortifica lo spirito della Costituzione e privano il cittadino di quella “libertà dal bisogno” senza la quale anche le altre libertà sono precarie. Se l’uomo cessa di essere cittadino, cioè soggetto di doveri ma anche di diritti e di libertà, tutto il sistema democratico è compromesso.

Occorre un forte sussulto di coscienze, occorre una vera rivolta morale, alla quale ci chiamano i partigiani che, negli anni del regime fascista, posero a fondamento la questione della rigenerazione e della rinascita dell’etica nella società. Chi ha lottato lo ha fatto per una società più giusta, in una visione della politica intesa come servizio al bene comune. Bisogna rilanciare la cultura della legalità, il richiamo alla Costituzione , ai valori dell’antifascismo, della politica intesa come servizio alla collettività.

Ma esiste fortunatamente anche un’altra Italia, l’Italia che ci da speranza: L’Italia onesta, che opera in modo giusto, che si guarda intorno e tende una mano al più debole. L’Italia del volontariato, religioso e laico, dei giovani con scarpe di tela che marciano per la pace verso Assisi, di tutti coloro che nutrono e perseguono ideali di giustizia. E’ questa l’ Italia che vogliamo per il futuro.

In questo 25 aprile il nostro pensiero si soffermi sui tanti Legnanesi che hanno dato la vita e per quelli che con sacrificio combatterono per la nostra libertà.

Un attimo di silenzio per coloro che nel ‘45 nella nostra città morirono per cacciare i tedeschi occupanti. I loro nomi li notiamo scolpiti sulla lapide che incrocia corso Sempione con viale Toselli. Per i tre legnanesi caduti all’Olmina: Ermenegildo Monticelli, Ernesto Pinciroli, Luigi Ciapparelli.

Ricordiamo don Mauro Bonzi, vittima di Dachau, i deportati della Tosi e della Comerio, Giovanni Novara, 25 anni, sindacalista, prima vittima legnanese della violenza fascista. Carlo Guidi, perseguitato dal regime, uomo di spicco del Partito Popolare. Giuseppe Bollini fucilato a Traffiume a soli 23 anni. Giuseppe Rossato di 21 anni fucilato a Milano al campo Giuriati.

Ricordiamo i due ragazzi di 18 e 19 anni Renzo Vignati e Dino Garavaglia che persero la giovane esistenza nello scontro armato al ponte di S. Bernardino.

Un particolare pensiero a Mauro Venegoni, M.O. al valor militare, partigiano combattente. Subì, come i fratelli, carcere e confino. Catturato nell’ottobre del ’44, i fascisti per carpirgli nomi ed informazioni sulla Resistenza lo torturarono, lo seviziarono, gli cavarono gli occhi e, ormai cadavere, lo gettarono nella brughiera di Cassano. Mauro non rivelò nulla.

Riconoscenza ai tanti legnanesi che lottarono nella Resistenza nelle formazioni Garibaldi, Carroccio, Alfredo Di Dio, Mazzini, Matteotti, Giustizia e Libertà o che la sostennero.

E con loro i fratelli Guido, Pierino e Carletto Venegoni, Giovanni Brandazzi, che dal ’45 al 47 governò Legnano coi poteri del CLN, il comandante Arno Covini, Filippo Zaffaroni, torturato giovinetto in via Alberto da Giussano, condannato a morte ma poi graziato a seguito dell’intervento del card. Schuster. I partigiani Anacleto Tenconi, il comandate Pietro Sasinini, Vianello, Frascoli, Castiglioni, Ferdinando Legnani, Parolo, Macchi, Bragé, Angelo Rota, Giuseppe Tomaselli, Angelo Salmoiraghi, Luigi Villa, Arturo Fusetti, Francesco Marcer, Dante Trezzi, Renzo Bottini, Ezio Gasparini, dipendente comunale. Con loro il tipografo Costa che clandestinamente stampava volantini per la Resistenza, il farmacista Tornadù che curava di nascosto i partigiani feriti. I sacerdoti don Carlo Riva di S. Domenico, don Francesco Cavallini dei SS: Martiri, don Ettore Passamonti di Legnanello.

Samuele Turconi che comandò i partigiani nello scontro armato alla Mazzafame, arrestato dalle brigate nere e torturato. Ricorderemo Turconi domani sera con una pièce teatrale alle scuole Rodari, alla quale siamo tutti invitati. E poi Alfredo Re, Fulvio Bernacchi, Carlo Cezza, Teodoro Santambrogio, Giordano Marafon, Achille Carnevali, Angelo Celin, Ezio Rossetti, Giuseppe Stellica, Candido Poli deportato a Dachau/Bernau.

Le staffette partigiane Piera Pattani, Irene Dormeletti, Anna Re, Francesca Mainini, Giuseppina Marcora, e altre e altri ancora, impossibile nominarli tutti.

L’inno nazionale cantato dagli scolari della Carducci credo abbia commosso tutti noi. I brani letti dalle studentesse Nicole del liceo Galilei, Eleonora dell’istituto dell’Acqua e da Moreira dell’itis Bernocchi ci inducono ad una profonda riflessione. A lato della chiesa dei SS. Martiri, in via Venezia, appare una scritta che il tempo e l’incuria vanno cancellando. E’ in latino e dice: Talis civitas futura erit qualis fuerit adulescentulorum educatio: tale sarà la società futura quale sarà stata oggi l’educazione dei giovani.

Ecco, i giovani che abbiamo ascoltato oggi sono la nostra speranza, speranza in un’Italia più giusta e solidale, come i partigiani l’hanno sognata e come la Costituzione ci ha indicato. Che il fiore della libertà spanda il suo profumo sulla nostra Patria, come ci ha lasciato scritto il poeta Giuseppe Bartoli, comandante partigiano:

Sui monti che videro il nostro passo

colmo di lacrime e fatica

non resti dissecato

quel fiore che si nutrì di sangue

e di rugiada in un aprile stupendo

quando il mondo trattenne il respiro

davanti al vento della libertà

portato dai figli della Resistenza.

 

Buon 25 aprile a tutti.

 

Luigi Botta – presidente Anpi Legnano

Redazione
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Pubblicato il 25 Aprile 2013
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